Il coinvolgimento personale
E’ noto che anche il personale di soccorso, qualunque preparazione ed esperienza abbia, quando è coinvolto con intensità e continuità in situazioni di “dolore, perdita, distruzione, morte” ha delle profonde reazioni emotive e può andare incontro a rischi psicopatologici (Cuzzolaro e Frighi, 1998).
In una classificazione fatta da Taylor e Frazer (1981) il personale di soccorso è indicato al terzo posto tra le possibili vittime:
- chi subisce direttamente l’evento;
- amici e parenti delle vittime;
- personale di soccorso (volontari e professionali);
- comunità coinvolta e chi ne è direttamente responsabile;
- persone coinvolte indirettamente;
- persone che, per varie circostanze, avrebbero potuto esse stesse essere vittime.
Lo stress dei soccorritori
I disastri possono provocare numerose perdite di vite e feriti, come capita in situazione di distruzioni massicce, possono provocare una importante disorganizzazione di una comunità e creare dei traumi agli individui. Il personale di soccorso d’emergenza si precipita nel luogo del disastro per soccorrere, curare e confortare le vittime.
Questi avvenimenti impongono ai soccorritori un eccesso di richieste che possono portare ad una usura fisica ed emotiva, per ciò è necessario conoscere le esperienze emotive ed i loro bisogni (Lafond R. et al., 1990).
a) Le cause di stress per i soccorritori:
Alcuni ricercatori affermano che i soccorritori, nel loro compito, sono sottoposti a tre principali cause di stress:
- La gravità degli avvenimenti
- La natura del lavoro di soccorso
- Le caratteristiche dell’ambiente
b) La gravità degli avvenimenti
Gli avvenimenti gravi (come la caduta di un aereo, il crollo di un edificio, le esplosioni) in cui si hanno numerose perdite di vite umane, gravi ferite,sono causa di stress fisico ed emotivo per gli operatori dei servizi d’emergenza.
Ecco una lista di avvenimenti stressanti:
- la morte o le ferite gravi di un compagno di lavoro, soprattutto se ciò avviene in piena azione di soccorso;
- la morte di un bambino o la violenza che ha subito;
- la morte di una vittima, malgrado i tentativi ripetuti di salvataggio;
- le gravi ferite e la morte di un civile;
- ogni incidente che provochi particolare commozione;
- l’identificazione con le vittime;
- gli incidenti che coinvolgono un gran numero di persone, per circostanze non abituali e che offrono uno scenario di devastazione: per esempio l’intervento dei soccorritori a seguito di un disastro aereo, senza sopravissuti, che consiste nel raccogliere dei corpi mutilati (Lafond R. et al., 1990).
La natura del lavoro di soccorso
Le attività di soccorso sono stressanti per la natura stessa del lavoro richiesto, per i carichi pesanti di lavoro, per le molte ore richieste e per la necessità di eseguire velocemente dei compiti difficili.
Lo stress può derivare da questi elementi:
- Il fattore tempo: le pressioni esercitate dal fattore tempo sono forti soprattutto in situazioni di salvataggio e d’urgenza medica dove le possibilità di sopravvivenza sono legate al tempo che intercorre;
- Il sovraccarico di responsabilità: coloro che hanno responsabilità di comando o supervisione talvolta devono effettuare simultaneamente un gran numero di compiti, tutti prioritari, e magari non hanno tutte le persone necessarie a cui affidarli;
- Le esigenze di tipo fisico: i soccorritori devono possedere resistenza, forza e vigore fisico per operare per molte ore in condizioni difficili;
- Le esigenze mentali : il lavoro esige una buona capacità di giudizio, la capacità di pensare con chiarezza e precisione, di stabilire le priorità e prendere le opportune decisioni in situazioni che sono caotiche;
- Le esigenze emotive: i soccorritori sono esposti a stimoli traumatizzanti e si occupano di persone in stato di stress. Essi devono continuamente controllare le loro emozioni. Devono prendere delle decisioni difficili che mettono a rischio delle vite, operano in situazioni in cui regnano i sentimenti di paura e di collera;
- I luoghi di intervento: vanno da luoghi a debole pressione emotiva, come in aree di raccolta o a luoghi di forte pressione come in aree di selezione (triage) o di obitorio;
- Le risorse limitate: mancano personale, equipaggiamento, finanziamenti;
- Il livello elevato delle attese: del pubblico e del personale di intervento(Lafond R. et al., 1990).
Le caratteristiche dell’ambiente
I fattori ambientali di stress consistono nell’operare in condizioni climatiche estreme (es. freddo, calore, pioggia, neve) e nell’essere soggetti a pericoli ambientali (es. vapori e prodotti chimici dannosi, rischio di ferite e bruciature) (Lafond R. et al., 1990).
Altri ricercatori considerano stressor che agiscono sugli operatori (Young H.B., 2002):
- l’ esposizione al dolore, al terrore, alla vergogna, al senso di colpa e alla confusione dei superstiti;
- l’ esperienza vicaria dei decessi e delle ferite che hanno colpito bambini e adulti;
- la pressione a fornire risposte/soluzioni. a problemi insolubili;
- l’ attività prolungata fisicamente e psicologicamente impegnativa con poche o nessuna pausa;
- la separazione dalle persone amate; l’ impossibilità di proteggere le persone amate o comunicare con loro;
- il rischio per la propria incolumità fisica;
- la visione o l’ esperienza di una situazione di distruzione straordinaria e dei suoi postumi;
- la perdite personali causate dalla calamità (per es., casa e beni personali).
Le reazioni allo stress da parte dei soccorritori
I soccorritori sono delle persone normali che abitualmente funzionano bene malgrado le responsabilità, i pericoli e i fattori di stress che accompagnano il loro lavoro.
Capita a volte che lo stress superi le naturali difese di una persona che si trova improvvisamente sommersa da una valanga di avvenimenti sconvolgenti che non può combattere con i normali meccanismi di difesa e di adattamento.
Le reazioni degli operatori di soccorso dipendono da diverse variabili. Le circostanze della calamità, la preparazione, gli stressor preesistenti nel team, nell’organizzazione o sul piano
personale sono tutti fattori chiave. In generale, molti operatori intervenuti nella situazione di calamità sembrano preferire risposte di fronteggiamento basate sulla soluzione attiva dei problemi e sull’analisi logica degli stressor legati al lavoro. Alcuni operatori apprezzano la solitudine e ne traggono giovamento mentre altri cercano la compagnia di altre persone.
Alcuni si sentono più a loro agio parlando con un professionista sconosciuto, altri preferiscono parlare con pochi individui fidati.
L’esposizione ad un avvenimento stressante può condurre a delle reazioni che si manifestano a livello del fisico, del comportamento e delle emozioni:
1. Reazioni fisiche: i sintomi fisici, che sono spesso i primi a manifestarsi in situazioni di stress acuto sono:
- aumento del ritmo cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna;
- nausee, turbe della digestione, diarree;
- sudorazione o brividi.
2. Reazioni a livello del comportamento individuale e sociale: uno stress intenso può provocare delle turbe comportamentali individuali e sociali, passeggere e limitate o persistenti e gravi quali:
- rifiuto di confidarsi in famiglia o con gli amici. La persona crede che questi non possano comprendere ciò che vive, oppure desidera risparmiare loro gli aspetti lugubri del proprio lavoro;
- aumento del consumo alcolico, del tabacco, o di altre droghe;
- iperattività;
- incapacità di riposarsi o di rimanere disteso;
- periodi di singhiozzo.
3. Reazioni psicologiche ed emozionali: le interviste che si sono fatte dopo alcuni disastri, hanno rilevato l’esistenza di reazioni psicologiche ed emozionali quali:
- identificazione profonda con le vittime;
- tristezza, dispiacere, depressione, cattivo umore;
- frequenti sogni dell’accaduto, sogni traumatizzanti;
- apatia, preoccupazioni per l’altrui sicurezza;
- sentimenti di impotenza, di vulnerabilità, di inadattabilità;
- confusione, difficoltà a concentrarsi;
- pensieri suicidari.
4. Altre reazioni: gli operatori che hanno il compito di procurare un sostegno emozionale alle famiglie negli obitori provvisori, di fornire l’aiuto finanziario nei centri di accoglienza d’urgenza, o che devono affrontare le sofferenze, le collere e le frustrazioni delle persone sinistrate, hanno egualmente bisogno di un sostegno emozionale per superare il proprio disorientamento e le seguenti reazioni:
- gravi depressioni con periodi di singhiozzo;
- emicranie;
- abbandono delle attività sociali nella loro vita privata;
- irritabilità nell’attività quotidiana;
- sentimenti di impotenza ed incapacità ad adattamento.
- logorio della compassione: frustrazione e ottundimento psichico;
- trauma vicario: shock, timorosità, orrore, senso di impotenza;
- iperattivazione e ipervigilanza;
- confusione e disorientamento;
- bisogno di “anestetizzarsi” (per es. abuso di sostanze o sonno eccessivo).
- ripetizione ruminativa o compulsiva dell’esperienza;
- tentativi di “ipercontrollo” nelle relazioni.
Quando le reazioni di stress diventano sintomatiche
Le reazioni fisiche, psicologiche e al livello comportamentale individuale e sociale, che abbiamo descritto, devono essere considerate normali e inevitabili in un contesto di esposizione ad un avvenimento estremamente stressante come un disastro. Normalmente queste reazioni durano qualche settimana o qualche mese, e si fermano con il tempo quando il soggetto è capace di parlare degli avvenimenti che ha vissuto, del loro significato e quando può contare sul sostegno della famiglia e degli amici.
Talvolta però l’avvenimento può essere stato così traumatizzante per i soccorritori che non sparisce da solo.
Alcuni possono allontanarsi ancor più dalla loro famiglia, fino a giungere alla separazione e in certi casi al divorzio.
Nel lavoro alcuni proveranno sempre più difficoltà concentrarsi con la moltiplicazione degli errori fatti e il pericolo di incidenti e ferite. I sintomi si possono ugualmente trasformare in assenze dal lavoro o congedi frequenti per malattia. In questi casi bisogna inviare agli specialisti della salute mentale queste persone che sono alle prese con delle reazioni che interferiscono con il lavoro o la vita familiare, o che minacciano la loro integrità fisica e psichica.
Il vissuto dell’operatore umanitario
Il personale umanitario, nello svolgimento del servizio, si trova a convivere con eventi traumatici intensi e continui: può essere soggetto nel tempo a forti vissuti emotivi, cognitivi e
comportamentali.
I principali e peculiari fenomeni reattivi a cui questi operatori possono andare incontro sono:
l’evitamento, il disturbo della sfera immaginativa, il controtransfert disfunzionale, la
traumatizzazione vicaria ed il burnout.
1. L’evitamento
Chi è coinvolto in eventi traumatici molto intensi e dà delle abnormi risposte immediate può, in seguito, essere portato a tenersi lontano da situazioni ritenute pericolose, per evitare ulteriori possibili danni. In questo modo la persona non riesce ad adattarsi allo stimolo ansiogeno ed è incapace di elaborazione emozionale dei fenomeni stressanti.
L’evitamento, come risultato di un immaginario negativo, può portare alla separazione dei processi cognitivi ed emozionali e quindi alla riduzione o addirittura alla eliminazione delle risposte emozionali. Le conseguenze sono identificabili in un fenomeno chiamato “intorpidimento affettivo”, nell’accentuazione delle paure e delle idee irrazionali, nella diminuzione dell’autostima, nella riduzione degli interessi, nell’incapacità a far fronte a situazioni complesse, nell’aumento dell’ansia (Sgarro M., 1997).
2. Il disturbo della sfera immaginativa
L’evento traumatico, diretto o indiretto, può portare alla presenza di immagini e pensieri intrusivi, definiti come pensieri automatici negativi o “cognizioni intrusive” (Beck, 1976). Le cognizioni intrusive non sono volontarie, interrompono il flusso dellacoscienza, esprimono il disagio interno, creano sofferenza e dolore.Una particolare forma di intrusione è data dai “sogni diurni”, che propongono ricordi ad occhi aperti. Le immagini mentali prodotte dalle cognizioni, che sono simbolo di vita (Lifton, 1979), si trasformano a causa del trauma in simbolo di distruzione o di morte, con una forte carica emozionale ed affettiva che diventa altamente distruttiva.
3. Il controtransfert disfunzionale
Nella relazione sanitaria e sociale paziente e operatore condividono i fatti nei loro contenuti di dolore e di stress. L’operatore può trovarsi coinvolto profondamente quando le manifestazioni della vittima sono fortemente emotive: si verificano così controtransfert disfunzionali, che sono nocivi per la relazione d’aiuto (Sgarro M., 1997).
Controtransfert fobico-evitante: l’operatore si sente a disagio, ha paura della storia del paziente, mette in atto meccanismi di allontanamento, fa in modo che il paziente si curi altrove.
Controtransfert iper-identificato: l’operatore si identifica eccessivamente, partecipa profondamente alle emozioni, non riesce a stare nei confini del suo ruolo, può avere reazioni psicosomatiche, può sviluppare dipendenza dal paziente. I controtransfert disfunzionali possono alternarsi, in momenti diversi, nello stesso operatore.
4. La traumatizzazione vicaria
L’operatore che, per causa sua o dell’organizzazione, non riesce a gestire il transfert ed il controtransfert, va incontro ad una situazione detta “traumatizzazione vicaria” (Sgarro M., 1997) .
Si verifica soprattutto quando:
- l’operatore non ha risolto i suoi conflitti personali;
- l’operatore è eccessivamente coinvolto nella storia del paziente per cui non riesce a controllare le proprie emozioni;
- l’operatore ha una scarsa preparazione professionale e culturale e soprattutto non è preparato a gestire la relazione traumatica;
- i luoghi fisici non sono accoglienti;
- i ritmi di lavoro sono eccessivi;
- l’organizzazione del lavoro sanitario è demotivante (o non incentivante);
- l’organizzazione “lascia soli”.
I sintomi della traumatizzazione vicaria possono essere: depressione, stanchezza, irritabilità, senso di inutilità, menefreghismo, reazioni psicosomatiche, insonnia, problemi relazionali, rifiuto della propria professione.
5. Il burnout
I sintomi del burnout ( termine introdotto da Freudenberger, 1974 e da Maslach, 1979, che significa bruciato, esaurito, scoppiato) e quelli della traumatizzazione vicaria possono essere molto simili, ma mentre le cause della traumatizzazione vicaria sono sempre insite nella relazione di aiuto, quelle del burnout dipendono generalmente da problemi riconducibili al disagio conseguente a cattiva e carente organizzazione del personale.
A livello organizzativo il burnout si manifesta in “caduta di performance, assenteismo, aumento del turnover, conflittualità” (Caprara e Borgogni, 1988).
La sindrome di burnout è un fenomeno di natura multifattoriale che interessa e determina tre psicocaratteristiche fondamentali nella persona:
- l’esaurimento emotivo;
- la depersonalizzazione;
- la ridotta realizzazione professionale.
L’esaurimento emotivo si evidenzia nella sensazione:
- di essere in continua tensione;
- di essere emotivamente inaridito dal rapporto con gli altri;
- di non essere più in grado di entrare in empatia con chi ha bisogno.
La depersonalizzazione identifica una risposta negativa e sgarbata nei confronti delle persone che richiedono o che ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale è la sensazione che, nel lavoro a contatto con gli altri, la propria competenza e il proprio desiderio di successo stiano venendo meno.
Fattori di insorgenza: due sono gli orientamenti che vengono presi in considerazione per comprendere i fattori di insorgenza del burnout:
- la prevalenza delle condizioni ambientali;
- l’incidenza delle caratteristiche personali.
Le condizioni ambientali che creano disagio lavorativo e si trovano nell’ambiente sono:
- un sovraccarico lavorativo;
- l’ambiguità di ruolo;
- l’inadeguato riconoscimento delle competenze delle prestazioni;
- una limitata partecipazione alle funzioni decisionali;
- le carenze del gruppo di lavoro sotto il profilo della coesione e del sostegno sociale.
Le caratteristiche personali che accomunano gli individui maggiormente a rischio di burnout si riscontrano in:
- lavoratori più giovani, con poca esperienza, non coniugati, senza stabilità affettiva;
- persone deboli, remissive nel rapporto con gli altri, sottomesse, ansiose, timorose del coinvolgimento, incapaci di controllare la situazione, che cedono facilmente alle richieste
- dell’utente che vanno facilmente in sovraeccitazione;
- persone impazienti, intolleranti., facili prede della rabbia e della frustrazione, che manifestano difficoltà a controllare gli impulsi ostili;
- persone con poca fiducia in se stesse, con scarse ambizioni, convenzionali, che si scoraggiano facilmente di fronte alle difficoltà e non si sentono né realizzate né efficaci.
Qualificazione di situazione stressante: le situazioni potenzialmente stressanti sono elevate per gli operatori che si occupano di sanità e che hanno al centro del loro servizio e del loro intervento la relazione di aiuto.
La valutazione cognitiva del singolo operatore appare determinante nel decidere:
- quali stimoli si debbano considerare stressanti;
- quali reazioni si debbano attivare in risposta allo stress.
Il sovraccarico emotivo, che è la causa di burnout, si ha:
- quando manca la sensazione di poter controllare la prestazione che si sta fornendo e contemporaneamente non c’è la possibilità di allontanarsi dalla situazione stressante;
- quando la tensione emotiva prodotta dalla relazione di aiuto cresce, provoca un senso di impotenza che produce nell’operatore frustrazione e rabbia e sollecita sentimenti di inadeguatezza e di fallimento;
- quando si prende coscienza che la relazione di aiuto non porta a risultati di guarigione, ma ha come obiettivo la cura fisica, psicologica e relazionale della persona nella sofferenza e ha come possibile risultato finale la morte.
Sindrome generale di adattamento (H. Selye, 1976): il tentativo di adattamento, agli stressor che evidenzia paradossalmente l’incapacità dell’individuo di adattarsi e che, di conseguenza porta al burnout, segue queste tre tappe:
Reazione d’allarme:
- aumento della frequenza cardiaca;
- aumento della frequenza del respiro;
- incremento della pressione arteriosa;
- sudorazione.
Fase di resistenza:
- scompaiono le manifestazioni di allarme;
- adattamento all’esposizione all’agente stressante.
Fase di esaurimento:
- riacutizzazione irreversibile dei segni della reazione di allarme.
Gli effetti negativi del burnout.
Il burnout colpisce con i suoi effetti negativi:
- l’operatore che va incontro ad un deterioramento fisico e psicologico; si evidenziano sintomi psicosomatici, insonnia, depressione, bassa stima di sé, abuso di alcool o di farmaci;
- l’utente perché ha un servizio inadeguato e un trattamento meno umano;
- l’istituzione che offre una prestazione scadente, con assenteismo;
- la famiglia che si trova in situazione di tensione e conflitto.
Per evitarlo.
Pur considerando che, in questo settore, siamo tutti a rischio, alcune caratteristiche personologiche essenziali sono da tenere in considerazione e da sviluppare per evitare il burnout:
- la motivazione allocentrica;
- la comunicazione, soprattutto l’ascolto come possibilità di capire ed il parlare discreto come possibile terapia;
- l’equilibrio emotivo, inteso come capacità di sopportazione delle richieste, delle incongruenze, delle inadempienze terapeutiche, degli insuccessi delle cure;
- la disponibilità di tempo per andare incontro ai bisogni del malato quando essi si manifestano;
- la predisposizione all’autoanalisi, intesa come capacità di cogliere i propri stati d’animo e di agire con la conseguente onestà intellettuale;
- la valorizzazione della esperienza acquisita nel proprio ambito professionale che permetta di gestire situazioni complesse e continue.
Fonte: http://www.psicologinelmondo.org |