I defibrillatori ad onda monofasica sono stati introdotti prima e nonostante vengono fabbricati in piccole quantità molti sono ancora in uso e la maggior parte di questi utilizza l’onda monofasica sinusoidale smorzata (MDS). A causa dei problemi tecnologici (dimensioni, peso, facilità d’uso e costo) la diffusione dei defibrillatori monofasici è stata limitata. Questi problemi, in parte derivanti dal fatto che necessitano energie superiori, non hanno permesso di attuare progetti di defibrillazione precoce.
L’onda bifasica invece ha permesso di superare i molti vincoli tecnologici dell’onda monofasica, consentendo di progettare defibrillatori più leggeri, più piccoli e facili da usare con minor costo. Infatti quasi tutti i defibrillatori manuali e AED venduti oggi usano delle onde bifasiche.
Ma quale è l’onda di defibrillazione più efficace?
Numerosi studi su animali e umani nei laboratori di elettrofisiologia hanno dimostrato a parità di energia utilizzata nella defibrillazione, una superiorità dell’onda bifasica rispetto alla monofasica per quando riguarda la sicurezza ed efficacia nella terminazione della fibrillazione ventricolare (VF), ed una uguale efficacia se si utilizzano onde bifasiche con energia inferiore. Inoltre sia le anomalie nell’ECG che la depressione della funzione del miocardio post shock erano inferiori con bifasici.
É nel prehospital?
Nell’out of hospital cardiac arrest (OHCA) da VF, il tempo trascorso tra insorgenza della VF e la scarica del defibrillatore è superiore che in laboratorio e come abbiamo visto nel post precedente, la cardiopatia ischemica che è la causa principale, richiede energia maggiore per la defibrillazione. Studi osservazionali con defibrillatori bifasici hanno mostrato ugualmente un’alta efficacia nella defibrillazione in prehospital.
Adesso analizziamo i trial clinici che paragonano i due tipi di defibrillatori, inseriti nelle linee guida AHA/ILCOR 2010
α) Trial ORCA (Multicenter, Randomized, Controlled Trial of 150-J Biphasic Shocks Compared With 200- to 360-J Monophasic Shocks in the Resuscitation of Out-of-Hospital Cardiac Arrest Victims). Trial europeo che ha coinvolto sia paramedici che medici in accordo con le linee guida European Resuscitation Council del 1998. Inclusi 115 pz in OHCA da VF, 61 hanno ricevuto shock monofasici con onda sinusoidale smorzata o esponenziale troncata a 200-200-360 j (3 shock in successione) e 54 shock bifasici (esponenziale troncata impedenza compensata, ICBTE) ad energia 150 j fissa (3 shock in successione). Outcome primario: la percentuale dei pz defibrillati nella prima serie di ≤ 3 shocks (defibrillazione definita come terminazione di VF per ≥ 5 sec non tenendo conto dei parametri emodinamici) erano 42/61 (69%) con il monofasico e 53/54 (98%) con il bifasico P< 0.0001. ROSC (54% monofasico vs 76% bifasico P=0.01), invece nessuna differenza nella sopravvivenza all’ammissione ospedaliera e alla dimissione. La sopravvivenza con buon esito neurologico era superiore nei pz resuscitati con il bIfasico (87% vs 53% p=0.04).
β) A prospective randomised and blinded comparison of first shock success of monophasic and biphasic waveforms in out-of-hospital cardiac arrest, che confrontava due tipi di defibrillatori esterni automatici (AED), uno con onda MDS e l’altro con onda BTE (i primi soccorritori non erano ne paramedici ne medici). Con tutti e due AED, si sono utilizzate energie crescenti 200-200-360 j secondo linee guida AHA/ILCOR 2000. In 29 mesi, l AED è stato attaccato in 217 pz e 123 (57%) avevano come ritmo iniziale VF. 69 sono stati defibrillati con MDS e 51 con BTE. Outcome primari; la terminazione di VF dopo il primo shock e ritorno a un ritmo organizzato (almeno 2 complessi ORS con morfologia simile e distanza massima < 5s) entro il 1 minuto dalla scarica era 1.5 volte superiore per il BTE (35/51, 69%) che per il MDS (31/69, 45%) P 0.01. La terminazione VF a 5 sec dopo primo shock BTE (50/51,98%) e MDS (63/69, 91%) P 0.12. Il ROSC 31/51 (61%) nel BTE e 45/69 (65%) nel gruppo MDS P 0.62. Sopravvivenza all’ammissione all’ospedale BTE 20/51 (40%) MDS 33/69 (48%) P 0.35. Sopravvivenza alla dimissione dall’ospedale BTE 7/51 (14%) MDS 13/69 (19%) P 0.46.
γ) Trial ORBIT ( Out-of-hospital cardiac arrest rectilinear biphasic to monophasic damped sine defibrillation waveforms with advanced life support intervention trial). 169 pz in OHCA da VF trattati con defibrillatori manuali a onda bifasica rettilinea (RLB) e onda monofasica sinusoidale smorzata (MDS) da personale paramedico secondo linee guida AHA/ilCOR 2000. L’energia utilizzata per la defibrillazione per il RLB era 120-150-200J, mentre per il MDS 200-300-360J. La conversione ad un ritmo organizzato a 5 sec dopo 1-3 shock con RLB era superiore che con la MDS (52% verso 34%, P=0.01). Dopo solo il primo shock 23% verso 12% (P=0.07). Nessuna differenza nel ROSC (47%, 47%), sopravvivenza nelle 24h (31%, 27%), alla dimissione ospedaliera (9%, 7%), e sopravvivenza a 30 giorni (8%, 7%). Un buono score CPC=1 (cerebral performance category ) alla dimissione non era statisticamente significativo tra il RLB (57%) e il MDS (50%).
δ) Il trial TIMBER (Transthoracic incremental monophasic versus biphasic defibrillation by emergency responders), 168 pz in OHCA da VF sono stati trattati, secondo linee guida AHA/ILCOR 2000, con una scarica monofasica sinusoidale smorzata (80pz, 48%) e bifasica esponenziale troncata (68pz, 40%) a livelli d’energia crescenti 200-200-360 J per tutti i pz (personale paramedico-medico con defibrillatori manuali e AED secondo linee guida AHA/ILCOR 2000). Nessuna differenza statisticamente significativa tra le due forme d’onda per quando riguarda la terminazione della VF, ripristino di un ritmo organizzato, ROSC, sopravvivenza all’ammissione all’ospedale, sopravvivenza dopo l’arresto cardiaco e outcome neurologico alla dimissione.
ε) Nel Rectilinear biphasic waveform defibrillation of out-of-hospital cardiac arrest il defibrillatore con l’onda RLB ha terminato la VF con percentuali superiori e utilizzando meno energia rispetto al MDS (67% 120J RLB , vs 48% 200J MDS, p < 0.0025). ROSC 25%, vs 15% p = 0.05.
And the winner is ?
Nessuno dei studi controllati randomizzati extraospedalieri è stato capace di mostrare nell arresto cardiaco da VF, un aumento della sopravvivenza nell’ammissione o dismissione dall’ospedale dell’onda bifasica rispetto alla monofasica, nonostante la migliore efficacia della scarica bifasica nel terminare la VF con livelli di energia simili o inferiori.
È tra i defibrillatori bifasici chi è il migliore?
Le configurazioni della scarica con forma d’onda bifasica differiscono fra i vari produttori e nessuna delle configurazioni è stata confrontata direttamente con altre nell’uomo in termini di efficacia relativa, ne tantomeno è stata determinata l’energia ottimale nella prima scarica, il rapporto ottimale tra la durata della prima fase e quello della seconda fase, l’ampiezza di picco.
Servono sicuramente ulteriori studi e probabilmente defibrillatori basati non sui livelli d’energia ma in grado di erogare shock in funzione del valore della corrente transtoracica desiderata.
Nel frattempo, vista l’efficacia della defibrillazione bifasica nella terminazione della VF rispetto alla monofasica, si è ipotizzato che una fase addizionale potesse migliorare l’efficacia. Sono comparsi quindi defibrillatori trifasici e addirittura quadrifasici. Da studi sugli animali sembrerebbe che i multifasici defibrillino con impiego di minor energia (risultati contrastanti) causando minore disfunzione post shock cardiaca. Tutt’oggi non ci sono studi su umani che confrontano defibrillatori multifasici con i bifasici.
In conclusione:
La sopravvivenza nell’arresto cardiaco dipende da 5 fattori chiave;
1) Immediato riconoscimento dell’arresto cardiaco e attivazione del sistema di risposta alle emergenze
2) Rianimazione cardiopolmonare precoce (RCP)
3) Defibrillazione precoce
4) Supporto vitale avanzato (ACLS, Advanced Cardiovascular Life Support)
5) assistenza post arresto cardiaco.
Come si evince la defibrillazione rappresenta solo uno dei cinque fattori. Potrebbe essere quindi difficile riscontrare dei miglioramenti significativi nei tassi di ROSC, ammissione e dimissione ospedaliera modificando semplicemente le caratteristiche del defibrillatore
In attesa di nuovi sviluppi, le linee guida AHA 2010 per RCP (rianimazione cardiopolmonare) ed ECC (assistenza cardiovascolare di emergenza) consigliano:
1) In assenza di defibrillatori bifasici, è accettabile ricorrere a quelli monofasici (Classe II, LOE B).
2) i livelli d’energia da applicare per la defibrillazione con i monofasici è 360 j, mentre per i bifasici la dose di energia è quella consigliata dal produttore (120-200j, Class I LOE B). Se non si conosce la dose consigliata bisogna defibrillare alla dose massima (Class IIb LOE C) e se la scarica iniziale non è in grado di eliminare la VF i livelli successivi di energia devono essere almeno equivalenti e se possibile superiori.
Fonte: http://prehospitalemergency.com/– Dott. Giorgio Diakidis |
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