Dalla peste all’influenza Spagnola, le pandemie più gravi della storia
Il coronavirus, classificato dall’11 marzo come pandemia, ha scatenato timori di contagi su larga scala come avvenuto nel corso dei secoli con alcune altre pandemie che hanno provocato milioni di vittime in tutto il mondo. Il coronavirus identificato in Cina e poi arrivato in moltissimi Paesi del mondo, con oltre 115mila contagi e più di 4mila morti, ha fatto riemergere la paura di contagi su larga scala. L’11 marzo 2020, l’Oms, che in un primo momento lo aveva classificato come “epidemia”, annuncia che il Covid-19 è ufficialmente una nuova pandemia. Proprio come alcuni flagelli del passato che, in momenti diversi della storia dell’uomo, hanno provocato migliaia o milioni di vittime. Spesso senza che si riuscisse a individuarne la causa, almeno fino all’Ottocento. Ecco quali sono state le peggiori pandemie che si ricordino
La peste nera del Trecento
Una delle prime pandemie di cui si ha traccia è quella di febbre tifoide durante la guerra del Peloponneso, nel V secolo avanti Cristo. Il focolaio della cosiddetta “peste di Atene” colpì gran parte del Mediterraneo orientale. Nelle cronache del VI secolo dopo Cristo trova invece largo spazio il morbo di Giustiniano, una pandemia di peste bubbonica che, sotto il regno dell’imperatore Giustiniano I, dal quale prese il nome, si abbatté sui territori dell’Impero bizantino e in particolar modo su Costantinopoli. Ma fu la grande peste nera del 1300 la peggiore per la popolazione europea, che ne uscì decimata. La pandemia fu probabilmente importata dal Nord della Cina. Nei secoli successivi si sono succedute periodiche pandemie di colera e il vaiolo, ribattezzata la “malattia democratica” perché uccideva tanto i poveri quanto i sovrani, come Luigi XV di Francia.
Il flagello della Spagnola
Nel XX secolo, l’enorme crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo dei mezzi di trasporto moderni, insieme a tanti benefici, hanno permesso anche ai virus di viaggiare rapidamente da una parte all’altra del pianeta, arrivando incolumi dall’estremo Est sul suolo europeo o americano. La madre di tutte le pandemie, ancora più grave perché sviluppatasi in concomitanza con la Prima guerra mondiale, risale infatti al Novecento ed è l’influenza Spagnola, chiamata così perché le prime notizie su di essa furono riportate dai giornali della Spagna che, non essendo coinvolta nel conflitto mondiale, non era soggetta alla censura di guerra. Il virus contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 25 milioni, anche se alcune stime parlano di 50-100 milioni di morti. Si calcola che morì dal 3 al 6% della popolazione mondiale. Identificata per la prima volta in Kansas nel 1918, la Spagnola era causata da un ceppo virale H1N1.
I virus del secondo Dopoguerra
Nel 1957 tornò la paura del contagio con la cosiddetta influenza Asiatica, un virus A H2N2 isolato per la prima volta in Cina. In questo caso, venne messo a punto in tempi record un vaccino che permise di frenare e poi di spegnere del tutto la pandemia, dichiarata conclusa nel 1960. Nel frattempo, però, erano morte due milioni di persone. Sempre dall’Asia, caratterizzata da aree densamente popolate, un’igiene non sempre appropriata e – almeno fino alla fine del secolo scorso – uno scarso livello di strutture sanitarie, nel 1968 arrivò l’influenza di Hong Kong, un tipo di influenza aviaria, abbastanza simile all’Asiatica, che in due anni uccise dalle 750mila ai 2 milioni di persone, di cui 34mila solo negli Stati Uniti.
Sars e “suina”
Nel nuovo millennio il primo allarme mondiale è scattato nel 2003 per la Sars, acronimo di “Sindrome acuta respiratoria grave”, una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. In un anno la Sars uccise 800 persone, tra cui il medico italiano Carlo Urbani, il primo a identificare il virus che lo ha poi stroncato. Venne classificata come epidemia e non come pandemia. Risale invece al 2009 l’impropriamente detta “influenza suina”, causato da un virus A H1N1. Enorme l’allarme anche in Italia, dove furono oltre un milione e mezzo le persone contagiate. La paura rientrò quando fu chiaro che il tasso di mortalità era inferiore anche a quello della normale influenza.
Covid-19
Il caso più recente di pandemia è quello del dicembre del 2019 quando, in Cina, compare un nuovo virus nella città di Wuhan: si tratta di un nuovo coronavirus, che provoca la malattia rinominata Covid-19 (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata). I sintomi sono problemi respiratori e febbre. Nei casi più gravi l’infezione può portare a polmonite, sindrome respiratoria acuta grave (SARS), insufficienza renale e persino alla morte. Il virus si trasmette da persona a persona. L’11 gennaio 2020 è confermata la prima vittima nel Paese asiatico e il 13 il primo decesso fuori dai confini, in Thailandia. Poi si iniziano a registrare casi in tutto il mondo, dalla Francia agli Usa, passando per la Corea del Sud, il Giappone e l’India. Fino ad arrivare all’Italia, dove a fine gennaio si registrano i primi due casi: si tratta di due turisti cinesi che sono stati ricoverati in isolamento all’ospedale Spallanzani. Il 30 gennaio l’Oms dichiara l’emergenza globale. I contagi continuano a salire e nel momento in cui l’Oms la dichiara ufficialmente una pandemia, se ne contano oltre 126mila con più di 4mila morti, la maggior parte dei quali in Cina. In Italia, i focolai maggiori sono nel Lodigiano e in Veneto, ma presto si hanno notizie di migliaia di casi su buona parte del territorio nazionale. I morti centinaia, la maggior parte anziani e con patologie pregresse. I Paesi, compresa l’Italia, limitano i viaggi e prendono provvedimenti per la chiusura di spazi pubblici e – come nel caso italiano – di tutte le scuole. In seguito, con un nuovo decreto, vengono garantiti esclusivamente alimentari, farmacie, trasporti e servizi essenziali come quelli postali e finanziari.
Fonte: https://tg24.sky.it// |
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