L’asma affligge circa il 300 milioni di persone quindi è tutt’altro che raro trovarsi confrontati con questi pazienti. Negli ultimi decenni i casi mortali sono progressivamente diminuiti grazie alla migliore terapia medica di controllo.
Β2-agonisti: i beta 2 agonisti inalatori a breve azione come l’albuterolo (da noi chiamato Salbutamolo: Ventolin®) sono i più usati durante gli attacchi acuti di asma. I beta recettori si trovano anche nella muscolatura liscia dell’albero bronchiale. La loro stimolazione provoca un rilassamento della muscolatura, migliorando il broncospasmo presente. Attualmente l’evidenzia clinica consiglia il loro uso per via inalatoria rispetto a quella venosa o in muscolo in quanto l’efficacia e la velocità è maggiore, mentre gli effetti collaterali sono minori.
I pazienti anziani vanno monitorizzati in quanto è sempre possibile una ipopotassiemia associata con allungamento del QT (da stimolo diretto sul cuore oltre che dall’ipopotassiemia) e la tachicardia (con possibile aritmie e ischemie).
Ossigeno: Una lieve fino a media ipossiemia è sempre presente nei pazienti in fase acuta di asma. Il meccanismo principale è l’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione. Questa alterazione, e la risultante ipossiemia è minimizzata da meccanismi fisiologici intrinseci (vasocostrizione polmonare da ipossia). Per tale motivo la somministrazione di ossigeno deve essere quella per mantenere una saturazione superiore o uguale a 92%. L’ossigeno va somministrato a livelli più bassi possibili per ottenere questi valori di saturazione in quanto un iperossia può subito favorire un’ipercapnia pericolosa. Un’apparente peggioramento dell’ipossiemia (ipossiemia paradossa) può verificarsi frequentemente durante la somministrazione di broncodilatatori con il miglioramento del grado di ostruzione. L’aumento dell’ipossiemia si spiega con un temporaneo peggioramento del summenzionato rapporto ventilazione /perfusione ma è sempre lieve e transitorio. Solitamente un lieve adattamento dell’ossigeno somministrato e sufficiente per correggere quest’ipossiemia.
Anticolinergici: i recettori muscarinici colinergici sono i responsabili della contrattura della muscolatura liscia. L’ipratropio bromuro (Atrovent®) è un inibitore di questi recettori ed è stato studiato per la fase acuta. Se usato come unico medicamento ha un’efficacia limitata. In associazione con i beta agonisti (come facciamo da protocollo) ha dimostrato di ridurre le ospedalizzazioni ed in generale il flusso aereo misurato (FEV1 aumentato del 16%). Una metanalisi ha dimostrato che più di due dosi di Ipratropio bromuro produce un effetto maggiore..
Da parte della FDA l’uso dello stesso non è approvato in fase acuta per il fatto che ha un inizio di azione lungo (20-30 minuti) e fa meno bronco dilatazione rispetto ai beta agonisti. Nei casi acuti gravi è accettato in associazione con i beta agonisti.
Cortisonici: La caratteristica istopatologica principale dell’asmatico è l’infiammazione delle vie aeree. I cortisonici agiscono in questo senso con le loro proprietà antinfiammatorie e sono una pietra miliare nel trattamento dell’asma sia in fase acuta che cronica.
I cortisonici sistemici raggiungono il picco d’azione in 4-6 ore poiché lavorano a livello genomico. Alterando la trascrizione dei geni, aumentano la produzione di proteine antinfiammatorie e inibiscono la sintesi di quelle infiammatorie. Inoltre aumentano i recettori beta sui muscoli lisci aumentando la possibilità d’azione dei beta agonisti.
La via venosa o per bocca è equivalente. Per gli autori la via per bocca sarebbe da preferire in quanto costa meno. La via venosa è da preferire nei casi di insufficienza respiratoria acuta, ipossia grave con alterazione dello stato di coscienza.
I cortisonici inalatori sono anch’essi spesso considerati ma specialmente per il controllo degli asmatici da una crisi all’altra (per ridurre le crisi). Sebbene nella fase acuta non siano in prima linea, molti ricercatori credono in un loro futuro uso anche in urgenza. I cortisonici inalatori agiscono anche non per via genomica ma anche riducendo la perfusione a livello della mucosa bronchiale che sappiamo essere una via di eliminazione dei beta agonisti. Riducendo la perfusione, aumenterebbe il tempo d’azione dei beta agonisti localmente.
L’uso di cortisonici sistemici e inalatori ha sicuramente dimostrato un maggior effetto che usarli singolarmente.
Comunque i cortisonici sistemici rimangono essenziali in tutti i casi di asma acuta moderata.
Inibitori dei recettori dei leucotrieni:
i leucotrieni sono presenti in quantità massicce nei liquidi corporei di asmatici e causano una contrattura della muscolatura liscia bronchiale. Causano quindi una riduzione del flusso aereo e un aumento della permeabilità dei capillari vettori delle cellule infiammatorie e della produzione di muco da parte delle vie aeree. Gli antagonisti dei recettori leucotrienici hanno quindi proprietà antinfiammatorie e broncodilatatrici.
Per ora ci sono pochi studi nella fase acuta dell’asma.
Uno studio con un antagonista leucotrienico somministrato in vena ha dimostrato un aumento della funzione polmonare in fase acuta (aumento della FEV1).
È però stato uno studio sperimentale in quanto il medicamento usato (Singulair) non esiste attualmente in commercio per uso i/v ma non ha ridotto il tasso di ospedalizzazioni o riesacerbazioni necessitanti visite in pronto soccorso.
Una altro prodotto della stessa famiglia è invece ancora più promettente (zafirlukast) con riduzione dei tempi di degenza.
Per ora, prima di usarli in urgenza occorrono ancora studi.
Heliox: le prima dieci generazioni dell’albero bronchiale sono caratterizzate dalla turbolenza dell’aria che vi passa. L’heliox è una miscela di ossigeno ed elio con una densità di un terzo rispetto all’aria ambiente. Una riduzione della densità dei gas è associata ad una riduzione della resistenza nelle vie aeree del passaggio dei gas e quindi dello sforzo respiratorio. Si ipotizza anche che l’heliox aumenti la concentrazione di beta agonisti alla periferia bronchiale. Non ci sono stati però grossi studi che lo dimostrino. Una critica era che le miscele contenevano una concentrazione di ossigeno bassa. Però come sopra scritto sappiamo che l’ossigeno da somministrare non deve essere molto per mantenere la saturazione ideale del 92% o superiore. Mancano anche in questo caso studi per poterlo proporlo in terapia allo stato attuale ma sarà probabilmente una terapia futura.
Magnesio: il magnesio rilascia la muscolatura liscia bronchiale antagonizzando in modo competitivo il calcio (che contrae la muscolatura liscia) e riducendo l’infiammazione agendo sui neutrofili. Ambedue i processi abbiamo visto che sono importanti nella patogenesi dell’asma. Solo una somministrazione intravenosa ha dimostrato un beneficio aumentando la funzionalità polmonare e riducendo i ricoveri ospedalieri ma solo per i casi acuti e severi. Il magnesio inalatorio non ha dimostrato invece un reale beneficio.
Anti IgE: gli anticorpi monoclonali (omalizumab) sono immunoregolatori biologici. Si legano alle IgE riducendone la quantità circolante del 95% e quindi riducendo l’effetto delle IgE come allergizzante sulle vie aeree. Non vengono usate nella fase acuta ma per ridurre le esacerbazioni, quando le altre terapie non sono state efficaci o hanno effetti collaterali. Permettono inoltre di ridurre l’uso dei cortisonici. Uno dei problemi principali è il costo: tra i 10 e 30 mila dollari per un anno di terapia in cronico.
Ventilazione non invasiva: rispetto alle altre indicazioni della non invasiva in corso di insufficienza respiratoria, per l’asma non ci sono stati grossi studi. Nel 2004 è apparso uno studio che dimostra la non invasiva come una valida alternativa all’intubazione e per i pazienti a rischio di un’evoluzione verso una insufficienza respiratoria grave. L’intubazione in questi casi è associata a non pochi rischi. Lo scopo della non invasiva è quella di ridurre l’ipercapnia riducendo il carico per i muscoli respiratori e aumentando la ventilazione alveolare e riducendo l’acidosi respiratoria in attesa che le terapie attuate agiscano. Gli studi sulla non invasiva e l’asma sono però limitati. Un beneficio della non invasiva sembra inoltre consistere nel fatto che la disfunzione ipotizzata dei recettori beta presente negli asmatici viene ovviata dalla pressione positiva meccanica diretta sulla parete bronchiale. Questo permette l’apertura degli alveoli collassati migliorando l’alterazione ventilazione/perfusione presente. Le controindicazioni sono l’arresto cardiaco, lo stato mentale alterato e l’instabilità emodinamica. Nonostante la scarsa esperienza è indicato usare la non invasiva nei casi gravi di asma. La decisione per intraprendere una non invasiva con paziente stabile o passare all’intubazione e una decisione clinica.
Metodo ottimale di ventilazione meccanica: si stima che circa il 2% dei pazienti con asma in pronto soccorso viene intubato. I criteri principali sono l’esaurimento respiratorio del paziente e l’alterazione dello stato di coscienza. Da notare che l’ipercapnia o l’esaurimento muscolare isolati può essere ancora ovviato dalla non invasiva.
La complicanza maggiore dell’intubazione é dovuta all’iperinflazione presente in questi pazienti per la riduzione del flusso espiratorio. Questo è dovuto alla riduzione del calibro dell’albero bronchiale (infiammazione,..). L’inspirazione inizia prima che l’efflusso d’aria sia terminato . L’aria è quindi intrappolata negli alveoli aumentando la pressione di fine espirazione (auto-PEEP). Questa iperinsuflazione favoriscono le principali complicanze: barotrauma e instabilità emodinamica. Il barotrauma può creare enfisema interstiziale, pneumotorace, pneumomediastino, pneumoperitoneo ed enfisema sottocutaneo. L’instabilità emodinamica si manifesta con ipotensione. L’iperinsuflazione crea un aumento della pressione intratoracica aumentando la resistenza vascolare polmonare, facendo ridurre il ritorno venoso al cuore riducendo la gittata cardiaca ( e quindi creando l’ipotensione). Per verificare che l’ipotensione sia dovuta alla ventilazione occorre semplicemente disconnettere il ventilatore per circa un minuto e vedendo se la pressione aumenta. Se non aumenta si può sospettare un pneumotorace.
Nella ventilazione di questi pazienti occorre effettuare una ipoventilazione controllata con il risultato di una ipercapnia permissiva. Questa è una pratica raccomandata. Un aumento del tempo espiratorio è pure raccomandato anche se un aumento oltre i 4 secondi non è utile. Molti autori consigliano di iniziare con una ventilazione in volume controllato con un Tidal volume di 6-10 ml /kg di peso ideale con una frequenza respiratoria di 10-14 atti minuto. La PEEP non è raccomandata. La monitorizzazione della iperinflazione è ben valutata con la pressione di plateau. Molti autori consigliano una soglia non superiore ai 30cm H2O. La ventilazione meccanica da tempo alla terapia medica di agire.
Fonte: Drug Therapy:Asthma – The New England Journal of Medicine; Marzo 2009 // Acute asthma in adults – Critical Decisions in Emergency Medicine; Marzo 2009. |
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