Il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) spiegato facile
PREMESSA
Il sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA o, all’inglese, RAAS) ha un ruolo cruciale nella regolazione e nella gestione dell’equilibrio dei sistemi
- renale (dei reni)
- cardiaco (del cuore)
- vascolare (vasi sanguigni),
tanto da risultare un elemento chiave in numerose patologie e nella genesi della pressione alta in particolare.
COS’È IL SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE?
Il sistema renina-angiotensina-aldosterone è un asse ormonale che rappresenta il principale regolatore dell’escrezione di sale e acqua attraverso l’urina; è costituito da una serie di reazioni a catena volte all’attivazione di due ormoni
- angiotensina
- aldosterone,
fondamentali per la regolazione della pressione del sangue.
COME FUNZIONA?
In condizioni di ridotto afflusso di sangue ai reni (ipoperfusione renale), causata da un abbassamento dei valori di pressione (ipotensione) o una riduzione del volume di sangue circolante (ad esempio a causa di grave disidratazione o di un’emorragia), il rene produce e rilascia in circolo renina, un ormone in grado di trasformare una sostanza inattiva prodotta dal fegato (angiotensinogeno) in angiotensina I.
Quest’ultima, a sua volta, viene attivata dall’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) che la trasforma nella forma attiva, l’angiotensina II.
L’angiotensina II, legandosi a specifici recettori di membrana (recettori AT1), esibisce i suoi effetti:
> riduce l’apertura dei vasi sanguigni (effetto vasocostrittore diretto) aumentando la pressione arteriosa;
> agisce sul sistema nervoso centrale
– inducendo il senso della sete
– e attivando la secrezione dell’ormone antidiuretico (vasopressina, ADH), che riduce la quantità di urina prodotta (la vasopressina è una proteina secreta dall’ipofisi che favorisce il riassorbimento di acqua libera, per cui risulta fondamentale nella regolazione dell’equilibrio idrico dell’organismo e della concentrazione plasmatica di sodio).
> stimola il rilascio di aldosterone da parte della corticale del surrene, due piccole ghiandole poste sopra i reni. L’aldosterone si lega a recettori intracellulari presenti nella porzione finale del nefrone, l’unità funzionale del rene, e agendo sui sistemi di trasporto della cellula favorisce
– da una parte un aumento del riassorbimento di sodio, sempre accompagnato dal riassorbimento di acqua,
– dall’altra l’escrezione di potassio per mantenere l’equilibrio elettrolitico.
L’effetto finale consiste in un aumento del volume di sangue, con un conseguente incremento della pressione arteriosa, una contrazione della diuresi e la regolazione della concentrazione di potassio nel plasma.
Oltre a influenzare l’equilibrio del sangue nell’organismo (emodinamica sistemica), l’angiotensina II ha un ruolo importante nella regolazione della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) e del flusso sanguigno renale.
Va tuttavia notato che, in realtà, questa visione classica del percorso RAS endocrino rappresenta una descrizione incompleta del sistema: piuttosto che un semplice RAS circolante, esistono anche diversi sistemi renina-angiotensina tissutali (locali) con effetti autocrini e paracrini che funzionano indipendentemente l’uno dall’altro.
Effetti deleteri dell’angiotensina II
L’angiotensina II, oltre ad avere le importanti funzioni fisiologiche appena descritte, può produrre anche effetti deleteri per la funzione cardiovascolare
> può infatti agire come mediatore pro-infiammatorio su leucociti (globuli bianchi), cellule endoteliali e cellule muscolari lisce dei vasi;
> può stimolare la proliferazione cellulare, che contribuisce all’ipertrofia e alla fibrosi del cuore.
RUOLO DEL SRAA NELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA
Il SRAA occupa quindi un ruolo di primo piano nella regolazione della pressione arteriosa e non dovrebbe stupire scoprire che può svolgere un ruolo chiave nella patogenesi della pressione alta.
L’ipertensione arteriosa viene distinta:
> Essenziale, in assenza di un’evidente causa organica alla base dell’aumento pressorio, che peraltro rappresenta oltre il 90% dei casi; si ritiene tuttavia che possa essere legata a disturbi dei meccanismi di regolazione della pressione arteriosa, in larga parte determinati geneticamente.
> Secondaria, gruppo che comprende una varietà di condizioni disparate in cui si ha l’evidenza di una patologia organica alla base, come l’ipertensione a origine renale o endocrina:
– Le forme di ipertensione di origine renale che colpiscono un singolo rene hanno tutte come comun denominatore un’eccessiva produzione di renina, con la conseguente attivazione del sistema renina-angiotensina. Nelle forme che colpiscono entrambi i reni, la perdita di massa e funzionalità renale rappresenta il meccanismo principale, ma l’eccesso di renina si aggiunge anche in questo caso ad aumentare i livelli di pressione arteriosa.
– Tra le forme di ipertensione endocrina, una delle più frequenti è rappresentata dal cosiddetto iperaldosteronismo primitivo. Questa condizione è caratterizzata da una produzione eccessiva di aldosterone, svincolato dal sistema renina-angiotensina, ma legato alla presenza di una neoplasia a livello surrenale.
RUOLO DELL’SRAA NELLO SCOMPENSO CARDIACO
Il SRAA è coinvolto anche nella fisiopatologia dello scompenso cardiaco.
In presenza di una riduzione della funzione cardiaca, ovvero quando il cuore perde di efficacia nella sua funzione di pompa, l’organismo reagisce con una serie di meccanismi di compenso che hanno lo scopo di mantenere la portata cardiaca su livelli normali. Purtroppo, a lungo andare, essi risultano deleteri e peggiorano la funzione cardiaca già compromessa.
La riduzione della portata cardiaca causa quindi una riduzione dell’afflusso di sangue ai reni, che stimolano in risposta l’attivazione del sistema renina-angiotensina con conseguente ritenzione di acqua e sodio e vasocostrizione arteriolare. Tuttavia l’aumento della quantità di sangue circolante non migliora la perfusione renale, ma al contrario causa un aggravamento del lavoro cardiaco e l’innesco di un pericoloso circolo vizioso che porta al peggioramento progressivo dello scompenso cardiaco.
> La vasocostrizione determina inoltre un’ulteriore riduzione della gittata cardiaca,
> che determina a sua volta un’ulteriore vasocostrizione
per ridistribuire il flusso in una spirale negativa continua.
L’uso di diuretici e vasodilatatori arteriosi nella terapia dello scompenso, in particolare farmaci che inibiscono il SRAA, ha esattamente lo scopo di disinnescare questo circolo vizioso e migliorare la portata e la funzionalità cardiaca.
EFFETTI DEI FARMACI INIBITORI DEL SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA
I farmaci che inibiscono il sistema renina-angiotensina sono detti ACE inibitori e funzionano impedendo il normale funzionamento dell’enzima che consente la trasformazione dell’angiotensina I in angiotensina II (sono altresì conosciuti come inibitori dell’Enzima di Conversione dell’Angiotensina).
Sono stati tra i primi medicinali ad essere utilizzati con successo per il trattamento di patologie cardiovascolari e, oltre a ridurre la pressione arteriosa, sono anche in grado di ridurre le dimensioni del cuore attraverso una diminuzione del rimodellamento e l’inibizione dello stimolo ipertrofico da parte dell’angiotensina II.
In pratica
> ritardano la comparsa di scompenso cardiaco,
> prevengono l’infarto del miocardio,
> riducono i casi di morte improvvisa e i ricoveri ospedalieri, migliorando la qualità di vita dei pazienti.
Rispetto ad altri farmaci non interferiscono con l’attività del sistema simpatico e non causano risposte compensatorie cardiache, come l’aumento della frequenza cardiaca. Inoltre, rispetto ai diuretici, non causano perdita di potassio e non interferiscono con il profilo glucidico e lipidico.
Tra i più comunemente usati nella pratica clinica figurano:
> enalapril,
> lisinopril,
> perindopril,
> ramipril.
Sempre sullo stesso sistema, ma a monte, vale la pena ricordare l’esistenza dei cosiddetti antagonisti (o bloccanti) del recettore dell’angiotensina II, conosciuti anche come sartani; si tratta di farmaci che bloccano glie effetti dell’angiotensina II, consentendo di ottenere:
> rilassamento dei vasi sanguigni (vasodilatazione),
> riduzione della secrezione di vasopressina,
> riduzione della sintesi e secrezione di aldosterone.
L’effetto combinato di questo è l’abbassamento della pressione sanguigna. Tra le molecole più note si annoverano ad esempio:
> losartan,
> irbesartan,
> olmesartan,
> candesartan,
> telmisartan.
EFFETTI DEI FARMACI INIBITORI DELL’ALDOSTERONE
I farmaci che inibiscono l’azione dell’aldosterone (antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi) sono anch’essi utilizzato nel trattamento di disturbi cardiovascolari e in altre patologie con eccesso di produzione di aldosterone.
Nell’insufficienza cardiaca, gli antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi migliorano il decorso clinico dei pazienti, inclusi quelli con frazione di eiezione ridotta e frazione di eiezione preservata. Essi, inoltre, possono abbassare in maniera sostanziale la pressione arteriosa nei pazienti con ipertensione resistente, anche in quelli senza iperaldosteronismo primitivo.
Nei pazienti diabetici con infarto miocardico acuto, gli antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi sono frequentemente somministrati in caso di frazione di eiezione bassa, anche se l’insufficienza cardiaca non è sintomatica. Infine, questi farmaci sono spesso usati come diuretici per trattare l’ascite nei pazienti con cirrosi epatica.
Fonte: https://healthy.thewom.it/ – DR. MARCO CANTELE |
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