Sepsi, un morto ogni 2,8 secondi. Aumentano i casi in Italia: cos’è e quali sono i sintomi
La malattia è responsabile di un quinto dei decessi mondiali. Tuttavia, può essere evitata con le vaccinazioni, una diagnosi tempestiva e l’accesso a trattamenti appropriati. Vediamo come riconoscerla e prevenirla
La sepsi è una risposta infiammatoria eccessiva dell’organismo ad un’infezione causata, nella gran parte dei casi, da batteri. Spesso è dovuta all’invasione del sangue di microrganismi che hanno causato l’infezione. Una condizione clinica frequente che, se non riconosciuta e trattata in tempo, può portare alla morte, soprattutto quando arriva a danneggiare alcuni organi vitali al punto da renderli non più funzionanti. Il cervello, ad esempio, può avere un rapido deterioramento dello stato di coscienza. Uno o entrambi i polmoni possono non essere più in grado di ossigenare il sangue. Mentre il cuore smette di funzionare per la presenza in circolo delle sostanze tossiche. Ogni anno – secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla sepsi, che si è celebrata il 13 settembre 2023 – colpisce 47-50 milioni di persone. Di questi, 11 milioni muoiono (pari a 1 morte ogni 2,8 secondi), mentre nel 50% dei sopravvissuti si manifestano effetti a lungo termine noti come “sindrome post-sepsi”, con sequele fisiche, cognitive e psicologiche persistenti. Il recupero può richiedere mesi o anni.
La sepsi è da anni sotto osservazione della comunità scientifica poichè i casi sono in aumento in tutto il mondo, compresa l’Italia, dove le diagnosi sono passate da 18.939 nel 2003 a 49.010 nel 2015 (dal 3 all’8% di tutti i decessi registrati in questi anni). “La sepsi – ha affermato il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus – è responsabile di un quinto dei decessi mondiali. Tuttavia, sappiamo che questa malattia può essere evitata con le vaccinazioni, una diagnosi tempestiva e l’accesso a trattamenti appropriati ed efficaci”.
La sepsi nei bambini sotto i 5 anni
Nel 40% dei casi la sepsi colpisce bambini di età inferiore ai 5 anni. Nei Paesi industrializzati può determinare la morte nel 3-4% dei neonati e fino al 24% dei neonati nati in Paesi in via di sviluppo. I neonati sono tra i pazienti più a rischio di sviluppare infezioni gravi, poiché il loro sistema immunitario è ancora poco sviluppato. “Ogni anno – ha sottolineato il Ministero della Salute – si verificano nel mondo circa 680mila decessi neonatali per sepsi, con un rischio particolarmente elevato in India, Pakistan, Nigeria, Congo, e Cina. La sepsi neonatale può portare inoltre a gravi manifestazioni cliniche, spesso associate a deficit irreversibili a lungo termine”.
Gli altri soggetti a rischio
La sepsi può colpire chiunque, anche se i soggetti più a rischio sono coloro che presentano un calo delle difese immunitarie, quindi bambini di età inferiore a un anno, come abbiamo visto, anziani ma anche persone il cui sistema immunitario è compromesso da altre malattie o terapie farmacologiche, pazienti con malattie croniche a polmoni, fegato o cuore, persone senza milza o con sistema immunitario indebolito, adulti con più di 60 anni. E poi ci sono i pazienti affetti da malattie oncologiche che hanno un rischio di sepsi 10 volte maggiore rispetto a pazienti non oncologici.
Come riconoscere la malattia
La sintomatologia può variare in base al tipo di patogeno che ha causato l’infezione, alla sua localizzazione e alla risposta dell’organismo ospite. Solitamente la sepsi si manifesta con febbre, accompagnata da brividi, ed un aumento degli indici infiammatori. Il quadro clinico però si può complicare con la comparsa di ipotensione, tachicardia, ipossigenazione periferica e anomalie della coagulazione. Se il sistema immunitario è ben funzionante mantiene circoscritta l’infezione alla zona del corpo dove è originata, se invece non risponde adeguatamente perché indebolito, l’infezione può diffondersi attraverso il sangue ad altre parti del corpo, stimolando eccessivamente il sistema immunitario. Il risultato è l’estensione dell’infezione all’intero organismo, accompagnata da una risposta infiammatoria generalizzata che danneggia organi e tessuti. Inoltre, si può verificare anche una riduzione o l’interruzione del flusso sanguigno che impedisce all’ossigeno di raggiungere i diversi organi e tessuti, con conseguenze spesso mortali.
Le cause della sepsi
Secondo gli ultimi dati dell’OMS, a causare la sepsi sarebbero soprattutto le malattie diarroiche (da 9,2 a 15 milioni di casi all’anno), le infezioni delle basse vie respiratorie (1,8-2,8 milioni all’anno) e l’invecchiamento della popolazione. Tuttavia, sono in crescita anche i casi di sepsi legati alle malattie non trasmissibili: un terzo di questi e quasi la metà di tutti i decessi sono correlati a danni causati dalle malattie croniche, come diabete, aterosclerosi (e quindi infarti e ischemie), tumori e affezioni polmonari. “Inoltre – ha sottolineato l’OMS -, il fenomeno in futuro potrebbe essere complicato dall’espansione di batteri resistenti agli antibiotici”.
Uno studio osservazionale condotto a livello globale tra il 2018 e il 2020, e pubblicato su PLOS Medicine, ha dimostrato che molti neonati muoiono perché gli antibiotici usati per curare la sepsi stanno perdendo la loro efficacia. Grazie a questa indagine, sono stati raccolti dati importanti e si stanno sviluppando nuovi strumenti che aiuteranno a migliorare il trattamento dei neonati con sepsi.
Come si cura
E’ evidente che trattandosi di una condizione grave, è fondamentale imparare a riconoscerla ed intervenire tempestivamente avvisando il medico sin dai primi sintomi sospetti. Se la spesi viene diagnostica nella fase media, viene curata con antibiotici specifici rivolti contro il patogeno che ha causato l’infezione. I pazienti nella fase grave richiedono invece un ricovero in ospedale in terapia intensiva. Nel caso dello shock settico (quando cioè si verifica una condizione di insufficienza multiorgano che coinvolge polmoni, reni e fegato), il paziente viene immediatamente trattato con la ventilazione e l’intubazione. Chiaramente, anche la fase grave e lo shock settico devono essere curati anche con farmaci antibiotici per contrastare il patogeno. Infine, alcuni pazienti potrebbero essere sottoposti ad un intervento chirurgico per la rimozione della fonte d’infezione (ad es. pus, come accade nel caso di ascessi).
Come fare prevenzione
Organizzazioni internazionali, come la World Health Assembly (WHA), la European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), il Global Sepsis Alliance (GSA) e la Society of Critical Care Medicine (SCCM), hanno sottolineato la necessità di migliorare la prevenzione delle infezioni per contrastare la lotta alla sepsi con:
- la frequente igiene delle mani eseguita correttamente;
- l’applicazione scrupolosa delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni nei setting di cura;
- l’aggiornamento periodico del personale sanitario in materia di IPC e infezioni antimicrobico-resistenti;
- la disponibilità di ambienti sicuri e puliti per il parto;
- l’uso delle vaccinazioni disponibili.
Fonte: https://www.today.it |
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