
Sindrome di Ménière: vertigini ed altri sintomi, cause e cura
Introduzione
La sindrome di Ménière, così chiamata in onore del medico francese Prosper Ménière per primo la descrisse nel 1861, è un disturbo dell’orecchio interno che influenza equilibrio e udito; è caratterizzata dalla comparsa di
- forti vertigini,
- acufeni (tintinnii e/o ronzii nell’orecchio),
- perdita dell’udito e una sensazione di pienezza o congestione dell’orecchio.
La condizione è caratterizzata dalla comparsa di attacchi ricorrenti, di durata variabile, che si susseguono nel tempo senza una precisa frequenza; se inizialmente i sintomi sono limitati ad un unico orecchio, in seguito molti pazienti sperimentano purtroppo la percezione dei sintomi bilateralmente.
I disturbi elencati sono spesso associati a nausea e vomito e l’entità può essere tale da interferire sensibilmente, o addirittura impedire, lo svolgimento delle normali attività del quotidiano; la durata dei singoli episodi è pari in genere a diverse ore e la ricerca suggerisce che possano essere innescati (o favoriti) da
- stress,
- stanchezza,
- difficoltà emotive,
- malattie,
- fattori dietetici.
Frequenza e continuità del disturbo sono invece elementi di difficile previsione: i pazienti che ne soffrono possono manifestare diversi attacchi in un breve periodo, seguiti da mesi o anni privi di qualsiasi sintomo. Nel corso del tempo, tuttavia, numerosi soggetti sviluppano problemi persistenti di instabilità, tinnito e una sensazione di pienezza nelle orecchie, tali da evolvere in alcuni casi a una perdita permanente dell’udito.
La condizione interessa generalmente gli adulti, mentre è più rara in bambini e giovani; la comunità scientifica stima che sei pazienti su dieci migliorano spontaneamente e/o grazie a
- dieta,
- farmaci
- o altri approcci non invasivi.
Esiste infine un piccolo gruppo di soggetti con sindrome di Ménière che trova sollievo solo grazie alla chirurgia.
Cause
Esistono diverse teorie sulle possibili cause della sindrome, ma nessuna è ad oggi universalmente accettata; il termine sindrome indica infatti un insieme di sintomi che potrebbero essere provocati da cause diverse.
Alcuni ricercatori ritengono che la sindrome di Ménière sia il risultato di una vasocostrizione simile a quella che causa l’emicrania.
Altri ipotizzano che possa essere conseguente a
- infezioni virali,
- allergie,
- reazioni autoimmuni.
Poiché la sindrome di Ménière sembra avere un andamento famigliare, potrebbe anche dipendere da variazioni genetiche causanti anomalie nel volume o nella regolazione dell’endolinfa che circola nell’orecchio interno.
I sintomi della sindrome di Ménière sembrano infatti essere dovuti all’accumulo di liquido nel labirinto, lo spazio compartimentato dell’orecchio interno.
Il labirinto contiene gli organi dell’equilibrio (canali semicircolari e otoliti) e dell’udito (coclea) e comprende due sezioni, il labirinto osseo e il labirinto membranoso. Il labirinto membranoso è pieno di un liquido detto endolinfa che, negli organi dell’equilibrio, stimola i recettori mentre il corpo è in movimento. I recettori inviano quindi segnali al cervello su posizione e movimento del corpo. All’interno della coclea, le vibrazioni acustiche causano una compressione del liquido, che stimola la trasmissione di segnali dalle cellule sensoriali al cervello.
Nella sindrome di Ménière, l’accumulo di endolinfa nel labirinto interferisce con l’equilibrio e con i segnali acustici tra orecchio interno e cervello. Questa anomalia causa le vertigini e gli altri sintomi della malattia.
Fattori di rischio
La sindrome può insorgere a qualunque età, anche se è più frequente negli adulti tra i 40 e i 60 anni di età.
Sembrano essere esposti a un rischio maggiore di sviluppare i sintomi i soggetti con:
- disturbi autoimmuni, caratterizzati dal sistema immunitario che per errore attacca i propri tessuti e organi,
- famigliarità per il disturbo,
- squilibri chimici nel fluido presente a livello dell’orecchio interno, per esempio a causa di alterazioni dell’equilibrio di specifici elettroliti (sodio e potassio in particolare),
- disturbi della circolazione,
- infezioni virali.
Sintomi
L’esordio e la frequenza dei sintomi della sindrome di Ménière sono improvvisi e imprevedibili, possono comparire tutti i giorni come una volta sola all’anno.
Le vertigini, che spesso sono il sintomo più debilitante della sindrome, di solito provocano un forte capogiro che costringe il paziente a sdraiarsi; sono spesso accompagnate da
- nausea severa e vomito,
- aumento della sudorazione
e spesso non sono precedute da alcun segno premonitore. La vertigine accusata nel caso di sindrome di Ménière è oggettiva, cioè il soggetto che ne viene colpito vede ruotare l’ambiente.
In alcuni pazienti affetti da sindrome di Ménière gli attacchi hanno invece inizio con la percezione di
- acufene (ronzio alle orecchie),
- diminuzione dell’udito,
- sensazione di riempimento (o pressione) nell’orecchio colpito.
È importante ricordare che i sintomi non possono essere previsti in alcun modo: di norma l’attacco è caratterizzato da una combinazione di vertigini, acufene e diminuzione dell’udito e può protrarsi per diverse ore.
La frequenza, la durata e l’intensità di questi disturbi variano da persona a persona. Alcuni possono provare lievi vertigini alcune volte all’anno, altri invece possono essere affetti di tanto in tanto da un acufene intenso e incontrollabile durante il sonno.
I pazienti affetti dalla sindrome di Ménière spesso vivono anche una diminuzione dell’udito e si sentono sempre insicuri e traballanti anche per lunghi periodi. Tra gli altri sintomi della sindrome di Ménière, che però si verificano con meno frequenza troviamo:
- mal di testa,
- disturbi addominali,
- diarrea.
L’udito tende a ridiventare normale tra un attacco e l’altro, ma con l’andare del tempo tendenzialmente peggiora.
Diagnosi
Per una corretta diagnosi della sindrome di Ménière sono necessari diversi passaggi, tra cui un colloquio conoscitivo della storia medica del paziente e un esame fisico da parte di un otorinolaringoiatra.
Non esistono purtroppo né esami specifici né sintomi univoci cui riferirsi per fare diagnosi, che è basata essenzialmente sull’anamnesi e sulla presenza di:
- due o più episodi di vertigine della durata di almeno 20 minuti ciascuno,
- acufeni,
- perdita temporanea dell’udito,
- sensazione di congestione dell’orecchio.
Alcuni medici eseguono un esame dell’udito per quantificarne la riduzione dovuta alla sindrome; è infatti opinione diffusa che la misurazione accurata e la caratterizzazione della perdita d’udito siano fattori di importanza fondamentale per la diagnosi della sindrome di Ménière.
Usando diversi tipi di esame dell’udito i medici possono caratterizzare la diminuzione dell’udito come sensoriale, cioè originata dall’orecchio interno, oppure neurale, cioè originata dal nervo acustico. La registrazione della risposta uditiva del tronco encefalico, che misura l’attività elettrica nel nervo acustico e nel tronco encefalico, è molto utile per distinguere tra questi due tipi di diminuzione dell’udito. L’elettrococleografia, ovvero la registrazione dell’attività elettrica dell’orecchio esterno in reazione al suono, può aiutare a confermare la diagnosi.
Per esaminare l’apparato vestibolare, deputato all’equilibrio, il medico irriga le orecchie con acqua o aria calda e fredda. Questo procedimento provoca il nistagmo, ovvero i rapidi movimenti involontari degli occhi, che possono aiutare il medico nell’analisi del disturbo dell’equilibrio.
Possono inoltre essere indicati esami come la risonanza magnetica o la TAC del cervello per escludere altre malattie; per esempio poiché i tumori, crescendo, possono provocare sintomi simili a quelli della sindrome di Ménière, una risonanza magnetica è utile per capire se le vertigini e la diminuzione dell’udito possano essere provocati da un tumore.
Cura e terapia
Non esiste purtroppo una cura specifica e risolutiva per la sindrome di Ménière, la terapia è quindi volta essenzialmente a fornire sollievo dai sintomi:
- Farmaci. Il sintomo più invalidante della sindrome di Ménière è la vertigine. Farmaci su prescrizione medica, come alcune benzodiazepine (diazepam, lorazepam, …), la betaistina e alcuni antistaminici di vecchia generazione possono alleviare la vertigine e ridurne la durata. Utile la metoclopramide per la nausea, possono talvolta essere prescritti anche cortisonici.
- Restrizione del sale e diuretici. In alcuni soggetti, una dieta povera di sale e l’assunzione di diuretici controllano la sintomatologia riducendo la ritenzione idrica dell’organismo e, indirettamente, una diminuzione di volume e pressione esercitata dal liquido nell’orecchio.
- Altre modifiche alimentari e comportamentali. Alcuni soggetti individuano in caffeina, cioccolato e alcolici alimenti che peggiorano i sintomi, quindi riducendone le quantità consumate (o attraverso una totale esclusione) si osserva spesso un miglioramento dei sintomi. Anche l’astensione dal fumo può aiutare a ridurre i sintomi.
- Terapia psicologica cognitivo-comportamentale. Si tratta di una forma di psicoterapia che aiuta a concentrarsi sulle interpretazioni e reazioni alle esperienze di vita. In alcuni soggetti, la terapia cognitiva aiuta a tollerare meglio la natura improvvisa degli attacchi e riduce l’ansia per possibili nuovi episodi.
- Iniezioni. L’iniezione di gentamicina nell’orecchio medio aiuta a controllare le vertigini ma aumenta significativamente il rischio di perdere l’udito; la gentamicina, infatti, può danneggiare le microscopiche cellule cigliate dell’orecchio interno che servono a sentire. Alcuni medici iniettano piuttosto un corticosteroide, che spesso aiuta a ridurre le vertigini senza rischi per l’udito.
- Chirurgia. La chirurgia può trovare indicazioni quando tutti gli altri trattamenti non sono riusciti ad attenuare le vertigini. Alcune procedure chirurgiche vengono eseguite sul sacco endolinfatico per decomprimerlo. Altro possibile intervento è il taglio del nervo vestibolare, anche se viene eseguito più raramente.
- Medicina alternativa. Una valutazione scientifica di alcune pratiche di medicina alternativa nella sindrome di Ménière non ha mostrato alcuna evidenza a supporto di un’efficacia di terapie come agopuntura, agopressione, tai chi, integratori naturali come gingko biloba, niacina (vitamina B3) o zenzero. Condividere comunque con il proprio curante il ricorso a queste terapie, perché possono talvolta avere conseguenze sull’efficacia o sulla sicurezza della medicina convenzionale.
Fonte: https://healthy.thewom.it/ |
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