La PEEP nel trattamento ventilatorio non invasivo della riacutizzazione di BPCO
Sintesi
L’acidosi respiratoria secondaria a insufficienza ventilatoria cronica riacutizzata dei pazienti con BPCO viene trattata in urgenza con metodiche di ventilazione non invasiva a doppio livello di pressione: una pressione inspiratoria elevata per vincere le aumentate resistenze delle vie aeree al flusso d’aria, promuovendo così il volume corrente e una pressione espiratoria più bassa per controbilanciare la pressione positiva di fine espirazione (PEEPi, intrinseca) che questi pazienti sviluppano a causa dell’intrappolamento aereo. Qualora non siano immediatamente disponibili trattamenti ventilatori più efficaci, può essere utile in emergenza somministrare anche soltanto una bassa pressione espiratoria esterna (PEEPe, 5cmH2O) con basse FiO2, aerosolizzazione in linea di broncodilatatori e stretto monitoraggio attraverso sistemi semplici per CPAP (Pressione Positiva Continua nelle vie Aeree) ormai largamente diffusi e ben conosciuti ovunque.
Introduzione
Nel trattamento della riacutizzazione di BPCO con acidosi respiratoria, in aggiunta alla terapia medica, è indicato il trattamento con ventilazione meccanica non invasiva con metodiche a doppio livello di pressione: inspiratoria più elevata (pressione di supporto, PSV) associata a pressione espiratoria inferiore (PEEP), in respiro spontaneo. Secondo le evidenze presenti in letteratura, dovrebbero essere trattati in questo modo tutti i pazienti con riacutizzazione di BPCO e:
1. pH < 7,34 (ma > 7,1);
2. PaCO2 > 45 mmHg (o > 15 mmHg rispetto ai dati di base);
3. Severo di stress respiratorio: frequenza respiratoria (FR) > 25/min, impegno dei muscoli accessori
alla respirazione.
Vanno ovviamente esclusi i pazienti con precise controindicazioni alla ventilazione meccanica non invasiva (NIMV) e che necessitano di intubazione orotracheale (IOT) e ventilazione tradizionale invasiva (VM):
- arresto respiratorio o FR < 12;
- Ostruzione vie aeree;
- coma4 (Kelly 4-6, Tabella 1);
- necessità di proteggere le vie aeree (vomito, traumi – ustioni facciali…);
- eccesso di secrezioni;
- instabilità emodinamica, aritmie minacciose;
- agitazione, impossibilità del paziente a collaborare;
- impossibilità di adattare l’interfaccia;
- PNX non drenato.
Il trattamento ventilatorio non invasivo così condotto comporta una riduzione significativa della necessità di intubazione orotracheale e della mortalità intraospedaliera rispetto alla sola terapia medica standard.
Scala di Kelly (Tab.1)
Scala di Kelly. Score neurologico per la ventilazione meccanica: sino al Grado 3 è applicabile la ventilazione meccanica non invasiva, oltre è indicato un trattamento ventilatorio invasivo.
- Grado 1 paziente sveglio esegue 3 ordini complessi
- Grado 2 paziente sveglio esegue NIMV 3 ordini semplici
- Grado 3 paziente assopito risvegliabile comando semplice
- Grado 4 paziente assopito risvegliabile dopo comandi vigorosi
- Grado 5 paziente in coma senza IOT – VM alterazioni del tronco encefalico
- Grado 6 paziente in coma con alterazioni del tronco encefalico
Fisiopatologia
Durante la riacutizzazione di BPCO, la flogosi bronchiale, le secrezioni, il broncospasmo provocano un aumento delle resistenze all’interno delle vie aeree con conseguente ostacolo al flusso aereo (flow limitation) che conduce alla fine dell’espirazione a un intrappolamento aereo a livello alveolare:
il paziente quindi, terminata l’espirazione, non sarà più in equilibrio con la pressione atmosferica ma all’interno del polmone sarà presente una pressione positiva (detta appunto PEEP intrinseca) che costituirà un ostacolo all’inizio della successiva inspirazione (Figura 1). Infatti, per inspirare il paziente dovrà compiere un lavoro respiratorio aggiuntivo per vincere e controbilanciare la PEEPi oltre al lavoro che avrebbe comunque compiuto per negativizzare la pressione all’interno delle vie aeree affinché per gradiente possa esservi flusso dall’esterno all’interno e quindi si possa compiere l’inspirazione.
La PEEPi è inoltre il principale determinante della sensazione soggettiva di fatica respiratoria in questi pazienti (dispnea). L’aumento delle resistenze all’interno delle vie aeree (presente sia in inspirazione che in espirazione) e la PEEPi provocano un aumentato carico di lavoro dei muscoli respiratori, che, nel medio-lungo termine, porterà inevitabilmente a fatica muscolare con conseguente ipoventilazione alveolare (riduzione del volume corrente inspirato). In queste condizioni, se applichiamo alle vie aeree del paziente una pressione positiva sufficientemente elevata per vincere le aumentate resistenze durante la fase inspiratoria (PSV), andremo a promuovere direttamente un aumento del volume corrente inspirato. Se poi durante l’espirazione applichiamo una pressione positiva (PEEP) che si avvicini il più possibile alla PEEPi del paziente (senza superarla) ridurremo quella quota di lavoro espiratorio necessario per controbilanciare la PEEPi del paziente: il valore corretto di PEEP esterna deve essere di 4-5 cmH2O in quanto non possiamo conoscere con esattezza la PEEPi di ciascun paziente, questa infatti è misurabile solo a paziente intubato e comunque mediamente risulta di circa 7-10 cmH2O (Figura 2).
L’applicazione di una pressione positiva in fase espiratoria sembrerebbe utile anche per migliorare la pervietà delle piccole vie aeree anche se con meno evidenze. Nella riacutizzazione di BPCO, a causa prevalentemente delle aumentate resistenze all’interno delle vie aeree, l’espirazione, che nel soggetto normale è un processo “passivo” garantito dal ritorno elastico del sistema toraco-polmonare, diventa un processo “attivo” con consumo di energia e lavoro. L’aumentata pressione intrapleurica, espressione della pressione endotoracica e conseguenza della contrazione muscolare in espirazione fa sì che il “punto di egual pressione” (punto in cui la pressione endotoracica è uguale alla pressione all’interno delle vie aeree) sia collocato in posizione distale, a livello dei bronchioli terminali, delle piccole vie aeree, che, per la flogosi, la perdita di fibre elastiche di parete, risultano più cedevoli e quindi tendono a collassare peggiorando l’intrappolamento aereo (Figura 3A). L’applicazione di una pressione positiva alle vie aeree sposta il punto di egual pressione in sede prossimale a livello dei grossi bronchi e della carena tracheale, ove è presente una struttura cartilaginea solida che ne impedisce il collabimento (Figura 3B). Questo effetto, tentato anche dal paziente stesso che espira a labbra socchiuse al fine di cercare di aumentare le pressioni all’interno delle vie aeree, produce quindi una sorta di “broncodilatazione meccanica”.
Il caso clinico
Una paziente di 82 anni, chiama alle 4 di notte il 118 per dispnea ingravescente insorta dal pomeriggio.
Viene condotta in Pronto Soccorso da ambulanza non medicalizzata, con Maschera Reservoire per ossigenoterapia in seguito al rilievo di bassi valori di SpO2: in aria ambiente 85%, in reservoire 96%.
L’organico notturno dell’ospedale (presidio di piccole-medie dimensioni) prevede uno specialista in medicina interna e uno in chirurgia generale che devono seguire i reparti di competenza (74 letti medici, 40 letti chirurgici), gli accessi in PS e gli eventuali ricoveri. Nel presidio non è presente una terapia intensiva, a domicilio sono reperibili: anestesista rianimatore, radiologo, tecnico per laboratorio analisi, ulteriori internista e chirurgo.
Fig. 1 – Meccanismi implicati nella genesi dell’ipoventilazione alveolare nella riacutizzazione di BPCO, effetti favorevoli delle metodiche di ventilazione meccanica non invasiva.
La paziente viene affidata all’internista. I parametri clinici in ambulatorio risultano i seguenti:
• SPO2 in aria ambiente 87%;
• PA 190/110 mmHg, FC 90 aritmico;
• FR 36, TC 37,7°C.
La paziente è assopita ma risvegliabile, confusa e disorientata, non sono presenti deficit neurologici, si apprezza un pattern respiratorio con atti rapidi e superficiali, espirium prolungato, il murmure vescicolare è ridotto in toto senza rumori aggiunti, toni aritmici, restante obiettività nella norma. Una breve, anamnesi riporta: ipertensione arteriosa, BPCO (5-6 ricoveri per riacutizzazioni).
Terapia domiciliare:
diuretico, beta-2agonisti e steroidi per inalazione. ECG: ritmo sinusale con frequenti battiti ectopici sopraventricolari, iniziali segni di ipertrofia del ventricolo sinistro. Viene eseguita una emogasanalisi arteriosa in aria ambiente che mostra:
PaO2 58,6, PaCO2 84,6, pH 7,22, HCO3- 44,7.
Il presidio non ha in dotazioni ventilatori per ventilazione non invasiva ma dispone di tutti i sistemi semplici per ossigenoterapia, di sistemi CPAP (pressione continua positiva nelle vie aeree) con generatore di flusso tipo Venturi, ventilatori per trasporto di pazienti intubati (ventilazione volumetrica
controllata). Viene somministrato metilprednisolone 60 mg ev, allertato l’anestesista rianimatore, quindi si pone il problema del supporto ventilatorio.
Ancora non sono presenti i criteri per l’intubazione orotracheale (Tabella 2) e la ventilazione invasiva ma l’impossibilità di eseguire una ventilazione a doppio livello di pressione (tipo PSV + PEEP) in respiro spontaneo impone di considerare tale evenienza: la presenza di sistemi CPAP suggerisce un tentativo con questa metodica con stretto monitoraggio. Viene pertanto iniziata CPAP con generatore di flusso a 5 cm H2O, maschera facciale, FiO2 minima consentita (28%), che la paziente sembra ben tollerare: si somministra aerosol in linea con salbutamolo.
Dopo alcuni minuti la FR diminuisce, il sensorio migliora, una rapida ricerca telefonica rivela l’assenza di posti letto nelle terapie intensive e semi intensive (anche respiratorie) degli ospedali vicini. Dopo 30 minuti si controlla l’EGA pronti a cambiare strategia in caso di mancato miglioramento: PaO2 78,5, PaCO2 60,1, pH 7,32, HCO3 – 40,6.
Fig. 2A – Il lavoro respiratorio nel Paziente con riacutizzazione di BPCO.
Fig. 2B – Il ruolo della ventilazione a pressione positiva.
Fig. 3A – Il punto di egual pressione nell’espiratoria nel paziente con riacutizzazione di BPCO.
Fig. 3B – Il ruolo della PEEP esterna.
Alla luce della situazione, in accordo con il rianimatore, si decide di proseguire ancora 30 minuti con il trattamento in CPAP. Il risultato, ad un’ora dall’inizio è il seguente: Kelly 2, miglioramento della dinamica respiratoria, PA 160/90, FC 84R, FR 22, PaO2 81,3, PaCO2 53,3, pH 7,38, HCO3 – 35,4.
Viene eseguito l’RX torace che mostra segni di BPCO in assenza di lesioni pleuro parenchimali a focolaio in atto e senza segni di scompenso del piccolo circolo. La paziente viene ricoverata nel reparto di Medicina interna del l’ospedale ove prosegue il trattamento con CPAP unitamente alla terapia medica (cortisonici, aerosol, antibiotici), il laboratorio mostrerà soltanto una leucocitosi neutrofila e aumento degli indici di flogosi, dopo altre 3 ore di trattamento l’EGA risulterà la seguente: PaO2 83,9, PaCO2 49,5, pH 7,39, HCO3 – 30.
Viene quindi sospeso il trattamento con CPAP, la paziente proseguirà la sua degenza senza particolari problematiche, verrà dimessa dopo 7 giorni.
Tab.2
Criteri di intubazione orotracheale durante ventilazione meccanica non invasiva.
• Incapacità a mantenere PaO2 > 65 mmHg con FiO2 > 60% (PaO2/FiO2<100)
• Non miglioramento di PaCO2 E pH
• Peggioramento neurologico, Kelly > 4
• Difficoltà a gestire copiose secrezioni
• Non miglioramento della dispnea e del distress respiratorio
• Comparsa di instabilità emodinamica o aritmie minacciose
• Intolleranza all’interfaccia
Conclusioni
Le metodiche di ventilazione non invasiva a doppio livello di pressione, ancora non sempre disponibili e poco diffuse, richiedono in genere ventilatori dedicati, profonda conoscenza della materia e buon addestramento del personale ma risultano essere il gold standard di trattamento ventilatorio nelle riacutizzazioni di BPCO. Dispositivi per CPAP (pressione continua positiva nelle vie aeree) a generatore di flusso (tipo Venturi), risultano di semplice utilizzo, ben conosciuti e sufficientemente diffusi
e disponibili. Con metodica CPAP è possibile erogare al paziente con riacutizzazione di BPCO una pressione continua positiva che, in fase espiratoria, garantendo una PEEP esterna, produce effetti favorevoli: questo può essere utile, con basse FiO2, basse pressioni (5 cmH2O), stretto monitoraggio clinico e gasanalitico, laddove non sia immediatamente disponibile una ventilazione non invasiva a doppio livello di pressione o come soluzione ponte in attesa di passare a questa, pronti a iniziare metodiche invasive in caso di fallimento.
Può essere inoltre utile, durante il trattamento, aerosolizzazione in linea di broncodilatatori.
Fonte: Emergency Care Journal – agosto 2009 |
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