Per urgenza psichiatrica si intende qualsiasi condizione di grave e acuta sofferenza psichica che comporti la necessità di una valutazione clinica di un medico per impostare un adeguato percorso diagnostico-terapeutico.
L’emergenza comporta invece la rottura di un equilibrio con l’ambiente e lo scompenso delle relazioni psicosociali, che presuppone una rapida risposta dell’organizzazione sociale per evitare la crisi.
URGENZE/EMERGENZE IN MEDICINA E IN PSICHIATRIA
- “Emergency” medica: situazione seria e acuta che richiede un immediato trattamento
- Caratteristiche essenziali:
– Acuzie
– Intensità
– Elevato livello di pericolo o di rischio di danno
– Necessità di un intervento immediato e indifferibile
COMMITTENZA | Paziente o chi per lui | Raramente il paziente, più spesso familiari, vicini di casa, polizia, operatori |
PROBLEMA | Sintomi acuti | •Sintomi acuti •Tensioni relazionali •Problemi sociali •Comportamenti disturbanti •Problemi di natura non psicologica |
INTERVENTO | •Raccolta anamnesi medica •Valutazione e obiettivazione dei sintomi •Diagnosi •Provvedimenti terapeutici |
•Raccolta notizie •Valutazione della natura del problema •Orientamento diagnostico •Valutazione delle risorse •Assumere decisioni |
• Obiettività clinica/esperienza soggettiva del paziente
• Condizione clinica significativa/disagio psicosociale
• Commistione di aspetti clinici ed aspetti psicosociali
• Comorbidità medica e psichiatrica (il 5‐30% delle patologie mediche si presenta con associati disturbi psichici)
• Inappropriatezza della domanda (tossicomania, alcolismo, condotte delinquenziali, problemi di ordine pubblico)
Le urgenze realmente legate alla comparsa o allo scompenso di una patologia psichiatrica sono circa il 30‐40% di quelle per cui viene richiesto l’intervento dello psichiatra
Cosa fare di fronte ad un’urgenza psichiatrica
• Essere preparati: aspettarsi l’inaspettato
• Riconoscere se è presente un qualche livello di rischio (non sempre in evidenza)
• Saper definire gli aspetti specifici del rischio (concretezza, gravità, imminenza)
• Formulare un piano di intervento (psicologico, farmacologico, ricovero, ecc.) per ridurre il rischio
• Valutare la gravità della condizione del paziente (agitazione, confusione, ecc.)
• Valutare il rischio di comportamento auto/eteroaggressivo
• Indagare le funzioni vitali (richiedere, se possibile, accertamenti laboratoristici e strumentali) e considerare i trattamenti in corso
• Raccogliere informazioni dal paziente (se accessibile), oppure dai familiari o da altri accompagnatori: favorire il racconto della sua storia con domande aperte; raccogliere dettagli dell’evento che ha portato all’osservazione attuale e dei motivi che hanno determinato tale decisione; procedere all’anamnesi psichiatrica)
• Effettuare l’esame psichico e la diagnosi differenziale
• Cercare di stabilire un rapporto (quando possibile): mantenere un atteggiamento d’ascolto ed esplicitare gli interventi che si
intendono attuare
• Comprendere il punto di vista del paziente (se accessibile) e dei suoi familiari
• Cercare di cogliere le modalità interpretative, i sentimenti associati, gli attori coinvolti
• Fare delle ipotesi circa le richieste non esplicitate
• Esprimere una propria valutazione sul modo in cui pazienti e familiari tentano di confrontarsi con il problema
• Cercare un’alleanza su cosa fare in relazione alla crisi
• Negoziare soluzioni: consentire al paziente o ai familiari di prospettare soluzioni; coinvolgere se necessario altre persone disponibili
IL COMPORTAMENTO AUTOLESIVO
• Suicidio: ogni caso di morte che risulti direttamente o indirettamente da un atto positivo o negativo, compiuto dalla vittima stessa consapevole di produrre questo risultato.
• Suicidio dimostrativo: i mezzi utilizzati e gli atti compiuti non erano idonei a procurare la morte, il paziente ha richiesto aiuto o sapeva che sarebbe stato soccorso; il gesto ha significato di una richiesta di attenzione o di vantaggi secondari, oppure ha intenzioni rivendicative o intenti punitivi verso gli altri.
• Suicidio mancato: tentativo di suicidio che incidentalmente non è riuscito, nonostante i mezzi e gli atti erano idonei.
• Parasuicidio: atto ad esito non fatale, nel quale un individuo inizia deliberatamente un comportamento non abituale che, senza l’intervento di altri, causerà un’autolesione, oppure ingerisce una sostanza in eccesso rispetto alla prescrizione o al dosaggio generalmente considerato terapeutico. Si tratta di comportamenti a rischio di morte, spesso ripetuti, con negazione dell’ideazione suicidaria (overdose, incidenti stradali, attività a rischio senza critica).
• Ideazione suicidaria: l’individuo sperimenta l’idea di autosopprimersi, pur con gradi molto diversi di intensità e di elaborazione, senza arrivare alla messa in atto di un comportamento suicidario.
Fattori che si associano a rischio suicidario
• Storia di disturbi psichiatrici pregressi o in corso, soprattutto depressione (15‐20%), schizofrenia (10%), disturbi di personalità (10‐15%) e dipendenze da sostanze (fino al 25%)
• Precedenti gesti autolesivi (rischio 5‐6 volte superiore, soprattutto nei 3 mesi successivi al precedente tentativo)
• Recente dimissione da un reparto psichiatrico
• Tratti di personalità di tipo impulsivo
• Familiarità positiva per suicidio, storia di precoci perdite familiari o di violenza in famiglia
• Età avanzata
• Sesso maschile
• Eventi stressanti precedenti (recente lutto, problemi finanziari, legali, o affettivosentimentali, notizia di malattia somatica grave o cronica)
• Disoccupazione
• Basso livello sociale
• Isolamento sociale (vedovi, separati, divorziati, single)
• Comportamenti suicidi nell’ambiente
• Facile accesso a potenziali mezzi autolesivi
• Appartenenza a determinate minoranze etniche
• Malattie somatiche con marcata componente dolorosa
Pazienti che necessitano di una valutazione per rischio suicidario
• Pazienti con disturbi psichiatrici
• Pazienti con disturbi psichici organici
• Pazienti con intossicazioni o astinenza da sostanze o alcool
• Pazienti sopravvissuti ad un tentativo di suicidio
• Pazienti che riferiscono idee, impulsi o progetti suicidari
• Pazienti che negano propositi suicidari ma si comportano in modo da poter essere suicidi potenziali
• Pazienti con comportamenti parasuicidari
• Malati con patologie mediche con depressione secondaria
• Pazienti a cui viene comunicata una diagnosi vissuta come grave
• Malati terminali
• Malati con dolore cronico
Fattori da considerare nella valutazione del rischio suicidario
• Colloquio clinico
– Valutazione psicopatologica generale
– Pensieri, piani, comportamenti, intenti suicidi o autodistruttivi
– Considerazione di metodi specifici per il suicidio, compresa la valutazione della loro letalità
– Sentimenti di mancanza di speranza, vissuti di disperazione, impulsività, anedonia, ansietà marcata, agitazione
– Ragioni per vivere e piani per il futuro
– Abuso di alcool o altre sostanze
– Pensieri, piani o intensioni di violenza verso gli altri
• Disturbi psichiatrici
– Segni e sintomi di disturbi psichiatrici con particolare attenzione ai disturbi dell’umore, schizofrenia, abuso di sostanze, disturbi di personalità
– Precedenti diagnosi e trattamenti psichiatrici scaricato
• Storia
– Precedenti tentativi di suicidio, tentativi di suicidio abortiti, altri comportamenti autodistruttivi
– Diagnosi e trattamenti medici precedenti o in corso
– Storia familiare di suicidi o tentativi di suicidio, o di disturbi psichiatrici, incluso l’abuso di sostanze
• Situazione psicosociale
– Crisi psicosociali acute o fattori di stress psicosociali cronici (perdite interpersonali, perdita del lavoro, problemi economici, discordie familiari, violenza domestica)
– Presenza di supporto sociale
– Costellazione familiare, qualità delle relazioni, presenza di bambini in casa
– Credenze culturali o religiose a proposito della morte o del suicidio
– Facilità di accesso ad armi o altri strumenti potenzialmente utilizzabili
– Notizie di suicidio, anche attraverso i media
• Punti di forza o di debolezza individuali
– Capacità di adattamento
– Tratti di personalità
– Risposte precedenti allo stress
– Capacità di analisi della realtà
– Capacità di tollerare la sofferenza psicologica e di soddisfare i bisogni psicologici
Ripetibilità del gesto suicidario
Verificare:
– Le modalità di pianificazione o l’impulsività
– L’esecuzione (da soli o in presenza di altri)
– Le precauzione prese per evitare di essere scoperti
– Il mezzo scelto
– L’opinione del paziente sul grado di letalità del gesto
– La presenza di messaggi scritti
L’approccio al paziente con idee suicidarie
• Tutte le minacce suicidarie vanno valutate attentamente, anche sesembrano manipolative, dimostrative o rivendicative
• Creare un setting che favorisca la tutela della privacy ed il tempo necessario per la valutazione
• Utilizzare un atteggiamento empatico, sicuro, non critico che favorisca la creazione di un’alleanza terapeutica
• Superare l’eventuale ridotta disponibilità al dialogo (reticenza, diniego, e/o opposizione), lasciando il paziente libero di parlare liberamente
• Iniziare con domande a carattere generale, affrontando con gradualità e attenzione il problema del suicidio
• Discutere dell’ideazione suicidiaria in modo diretto non aumenta il rischio di suicidio. I pazienti spesso sono sollevati dalla possibilità di parlare liberamente di qualcosa di cui non possono esprimere altrove, o che li fa sentire in colpa.
• Valutare se i miglioramenti riferiti sono reali o nascondono propositi suicidari da attuare in un contesto diverso.
Rischio suicidario: interventi
• Ogni paziente potenzialmente a rischio va trattenuto fino a quando la valutazione non è completata, ed è stato deciso l’intervento ritenuto più idoneo.
• Il suicidio può avere implicazioni medico‐legali, quindi la valutazione e le decisioni sull’intervento devono essere sempre ben documentate.
• La decisione sull’intervento non è facile, ma il clinico non può delegare nessuno a prenderla.
• E’ utile coinvolgere i familiari nella decisone, e trovare una collaborazione con loro sull’intervento preferibile.
• Se non si è sicuri della valutazione del rischio è meglio ricoverare il paziente in osservazione per breve tempo, e approfondire la situazione, anche facendo ricorso al Trattamento Sanitario Obbligatorio.
• La decisione di ospedalizzare il paziente, scontata in alcune circostanze (evidenzia del rischio), richiede una valutazione ponderata dei vantaggi e svantaggi della degenza, ma soprattutto deve tenere in considerazione l’impulsività e l’intenzionalità del soggetto, o la presenza di elementi clinici di grave rischio (ad esempio, allucinazioni imperative, depressione fortemente agitata, comportamenti parasuicidari negli schizofrenici, intossicazione da alcoolici o sostanze), anche in presenza di validi supporti esterni.
• L’intervento farmacologico in urgenza ha un’importanza relativa in quanto può agire soltanto su aspetti sintomatici indiretti, ovviamente va impostato un trattamento specifico sulla base della diagnosi fatta.
• Nella fase iniziale va tuttavia iniziata una terapia ansiolitica o sedativa per ridurre l’ansia, l’impulsività, l’irritabilità e i disturbi del sonno, o quella antipsicotica se sono presenti deliri o allucinazioni.
• Data la latenza di azione con cui i farmaci antidepressivi esplicano il loro effetto, il loro utilizzo nella fase di emergenza è limitato.
• Le evidenze disponibili rimangono inconclusive nell’affermare un’efficacia degli psicofarmaci specifica rispetto al rischio suicidario.
• Farmaci per i quali vi sono evidenze più consolidate: clozapina nei pazienti con schizofrenia; sali di litio nei pazienti con disturbi affettivi ricorrenti.
• Gli SSRI determinano un maggior rischio di comportamenti auto‐ ed eteroaggressivi? Non vi è alcun riscontro.
• Gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle MAO, potenzialmente letali in overdose, devono essere utilizzati con grande cautela nei pazienti a rischio suicidario.
• L’uso di antidepressivi più sicuri e maneggevoli, ad esempio gli SSRI, ha in effetti diminuito la quota di suicidi da overdose di antidepressivi
IL PAZIENTE CON COMPORTAMENTO AGGRESSIVO‐VIOLENTO
• La frequenza di comportamenti violenti nelle persone con disturbi psichiatrici non si discosta significativamente da quella della popolazione generale, anche se la percezione pubblica di questo problema può essere molto sovrastimata, contribuendo allo stigma nei confronti dei pazienti psichiatrici.
• L’incidenza di comportamenti violenti nei pazienti con schizofrenia o maniacali in fase acuta è 5 volte superiore a quella della popolazione generale, e diventa 12‐16 volte maggiore se vi è un concomitante abuso di sostanze, evenienza oggi sempre più frequente
• Nei dipartimenti di emergenza, il 55% degli operatori in un anno subisce aggressioni da parte di pazienti psichiatrici.
• Il 40‐70% degli psichiatri ha subito un’aggressione fisica almeno una volta nella vita professionale.
• Gli psichiatri sono la categoria meno a rischio: l’80% delle aggressioni fisiche riguardano gli operatori non medici, in particolare quelli di sesso femminile e con più scarsa formazione psichiatrica specifica.
• Il 30% degli operatori che subisce un’aggressione fisica sviluppa una reazione sintomatica con ansia, sentimenti di frustrazione, perdita di controllo, irritabilità, disturbi somatoformi.
• Il 10% presenta un disturbo da stress post‐traumatico.
• Significative conseguenze: perdita di sicurezza sul lavoro, paura e senso di vulnerabilità, riduzione del senso di competenza professionale.
Patologie con possibili comportamenti violenti
PSICHIATRICHE
• Schizofrenia
• Sindrome affettiva bipolare (soprattutto mania)
• Disturbi deliranti persistenti
• Disturbi di personalità (soprattutto se con ridotto controllo degli impulsi)
TOSSICHE
• Alcool (astinenza, intossicazione)
• Allucinogeni (intossicazione con allucinazioni)
• Analgesici (delirium)
• Amfetamine (sintomi paranoidei)
• Anticolinergici (delirium)
• Antidepressivi (delirium)
• Antipsicotici (delirium)
• Steroidi (mania, delirium)
• Cocaina (sintomi paranoidei)
NEUROLOGICHE E MEDICHE
• Epilessia
• Encefaliti, meningiti, AIDS
• Emorragia cerebrale
• Demenza
• Tumori cerebrali
• Ipossia
• Ipertensione
• Ipoglicemia
• Ipo/ipertiroidismo
• Infezioni sistemiche
• Encefalopatia epatica
• Insufficienza renale
Predittori del rischio di comportamento violento: fattori demografici e anamnestici
• Sesso maschile (dati più recenti M=F; M = atti di violenza più gravi)
• Età giovanile (anziani con disturbi psico‐organici)
• Basso livello socioeconomico
• Ridotto supporto sociale
• Disoccupazione
• Abusi infantili e storia di violenze familiari
• Uso di droghe o alcool (fattori disinibenti)
• Ritardo mentale o danni cerebrali, anche minimi
• Eventi stressanti (cambiamenti improvvisi nella vita del soggetto; problemi economici; abbandoni; isolamento sociale)
Predittori del rischio di comportamento violento: variabili cliniche
• Psicosi
– Pazienti con ideazione delirante (paranoidea o di gelosia)
– Pazienti con allucinazioni uditive (voci di comando)
– Pazienti con concomitante abuso di sostanze e/o alcoolici
– Fasi di acuzie o di riacutizzazione, periodo del ricovero
– Crisi pantoclastiche
– Scarsa aderenza al trattamento
• Mania
– Presenza di ideazione delirante persecutoria o di grandezza
– Grave disorganizzazione del pensiero e/ comportamento
– In risposta ad interventi di contenimento o di limitazione di progetti o programmi, imposizione di regole, pressioni per l’ospedalizzazione
• Disturbi di personalità
– Personalità antisociale
– Personalità paranoide
– Personalità borderline
• Abuso di sostanze o alcool
– Alcool (azione disinibente; compromissione cognitiva con ridotta capacità di critica e di giudizio)
– Altre sostanze (allucinazioni, sintomi paranoidei, agitazione, irritabilità)
• Disturbi psicorganici
IL PAZIENTE CON COMPORTAMENTO VIOLENTO: GESTIONE E INTERVENTI
• Raccogliere tutte le informazioni disponibili
• Coinvolgere altro personale preparato
• Garantire la sicurezza del paziente e degli operatori
• Utilizzare un ambiente tranquillo e sicuro
• Evitare la sensazione di costrizione e di limitazione della libertà
• Allontanare familiari o altri persone identificate come “nemici”
• Approcciare il paziente con calma, disponibilità, mantenendo fermezza e rispetto
• Evitare atteggiamenti inquisitori, autoritari o giudicanti
• Valutazione delle possibili “cause” della fase di emergenza (disturbo psichico, intossicazione)
• Decidere sull’opportunità di ospedalizzazione, sulla disponibilità ad un trattamento farmacologico
• Il ricovero è necessario per controllare il rischio acuto, approfondire la diagnosi, la situazione personale e ambientale, avviare un trattamento adeguato
• Nei pazienti con disturbi organici, abuso o astinenza da alcoolici, intossicazioni da sostanze il ricovero deve avvenire nei reparti di medicina o specialistici di altro tipo, in quanto le patologie e complicanze sono in questi casi prioritarie e vanno specificamente trattate
• L’agitazione e la violenza non devono essere considerate aprioristicamente di competenza psichiatrica
• Ogni decisione va definita e documentata: ai fini medico‐legali è meno rilevante una previsione errata che una raccolta incompleta dei dati disponibili, o un loro uso inadeguato per la valutazione del rischio
IL PAZIENTE CON COMPORTAMENTO VIOLENTO: INTERVENTI FARMACOLOGICI
• Benzodiazepine
– effetto sedativo
– somministrazione per via endovenosa (maggiore rapidità d’azione) ad infusione lenta
– somministrazione per os (gocce) (assorbimento più rapido)
– fare attenzione alla depressione respiratoria
• Antipsicotici
• a maggiore attività sedativa (clotiapina, clorpromazina, aloperidolo)
• somministrazione per via intramuscolare o per os (la via endovenosa va evitata per il rischio di morte improvvisa per aritmie ventricolari, ipotensione, collasso cardiocircolatorio e shock)
• fare attenzione all’ipotensione ortostatica e all’acatisia
• utilizzare dosaggi standard, ripetendo la somministrazione fino al raggiungimento della sedazione desiderata
URGENZA E OSPEDALIZZAZIONE
Fattori che influenzano la decisione di ricoverare
• Quadro clinico
• Situazione ambientale e disponibilità nei confronti del paziente
• Rischi e responsabilità medico‐legali
• Disponibilità di risorse del servizio
• Clima socio‐culturale in cui opera il servizio
• Riferimenti teorico‐culturali ed operatici del servizio
• Fattori emotivi degli operatori
• Rapporti interpersonali fra gli operatori coinvolti nel caso
Fonte: www.sunhope.it – Prof. Francesco Catapano |
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