Sott’acqua per 42 minuti, salvato 14enne: «Un caso su un milione»
Il ragazzino si era tuffato nel Naviglio. I medici del San Raffaele hanno messo in atto una procedura estrema: assistenza meccanica con circolazione extracorporea
Si chiama Michael, Michi per mamma e papà, ha 14 anni, è vivo e, considerando quello che gli è successo, sta molto bene. Questo nonostante quel maledetto tuffo nel Naviglio, a Castelletto di Cuggiono, e quegli interminabili 42 minuti sott’acqua, a due metri di profondità. Un tempo eterno, in cui il cuore di Michi ha smesso di battere mentre a pochi metri da lui, in superficie, gli amici, i vigili del fuoco e infine i sommozzatori cercavano di fare di tutto per riportarlo su, ma era incastrato per un piede. Quando l’hanno riportato in superficie, tutti pensavano che fosse troppo tardi. Invece no. Grazie ai vigili del fuoco, ai rianimatori del 118 e soprattutto all’equipe di rianimazione cardio-toraco-vascolare del San Raffaele diretta dal professor Alberto Zangrillo, Michi è ancora vivo e sta bene: «È la più grande soddisfazione di tutta la mia carriera professionale». «Le condizioni limite per sperare in una ripresa sono l’immersione in acque non più calde di 5 gradi per un tempo non superiore ai 20 minuti, e in arresto cardiaco per non più di 6 minuti», spiegano i medici. Solo tenuto conto della giovane età e dell’acqua fredda del Naviglio (che ha causato un rallentamento delle funzioni vitali), Zangrillo ha deciso di tentare «un intervento a prima vista anche per noi irrazionale». Ci sono dati riportati in letteratura scientifica, «per la maggior parte relativa a casi registrati nei mari del Nord». Il successo è andato oltre le più rosee aspettative.
Parla e ricorda tutto
Oggi il ragazzo, originario di Cuggiono, «è vigile, orientato nel tempo e nello spazio, dialoga con i genitori e ricorda il vissuto precedente all’incidente», come dicono i medici. Lela, la mamma di Michi, alla conferenza stampa era seduta alla sinistra del professore. Quel maledetto 24 aprile non capiva nemmeno le parole del dottore. «Le ho detto: Michi ha una possibilità su un milione di farcela ma senza sapere quale sarà l’esito. Ci lasci provare», racconta il professor Zangrillo. Ora ringrazia i medici e chi ha pregato Dio per suo figlio. Alla destra del professore il papà Stefano: anche lui ringrazia i medici.
L’incidente
I fotogrammi di quell’incidente avvenuto pochi minuti prima delle 17 del 24 aprile scorso li ricordano tutti: la bella giornata di sole, il caldo afoso e i cinque amici che si tuffano tutti insieme, da un ponticello, nell’acqua torbida e fredda (15 gradi). Riemergono tutti tranne uno, Michi, che rimane incastrato con un piede all’attaccatura di uno dei lunghi pali sistemati da tempo immemorabile lungo il canale per fare da sponda ai barconi. È il panico. Per 43 interminabili minuti tutti cercano di tirare fuori il ragazzo dall’acqua. Alla fine il nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di Milano riesce, attraverso una catena umana, a portare il ragazzo sulla sponda. La sua temperatura è 29 gradi, il cuore è fermo, ma le manovre di rianimazione hanno successo, perché dopo qualche minuto si sente un flebile battito. Arriva l’elisoccorso e Michi, in condizioni disperate e a tratti «refrattario alle terapie di rianimazione» viene trasportato al San Raffaele.
Il salvataggio
I medici rianimatori hanno tentato il tutto per tutto, prima con una procedura estrema di assistenza meccanica della circolazione e poi instaurando la circolazione extracorporea (con la macchina Ecmo), in un organismo in condizioni di ipotermia. Ma proprio la temperatura bassa dovuta alle acque gelide del Naviglio può aver protetto i centri vitali. È stato necessario amputare la gamba destra, al di sotto del ginocchio, per un problema di perfusione sanguigna. Poi sono stati attuati altri trattamenti intensivi molto avanzati, di sostegno alle attività di cuore, reni, fegato, che già non funzionavano più. Michi nel corso dei giorni ha cominciato a rispondere alle terapie che lo hanno portato lentamente a riprendere la funzionalità renale ed epatica. Ora il ragazzo è sveglio e sta bene. Tra qualche giorno comincerà la riabilitazione: parla e scherza, con i medici e con i genitori, e pensa alla sua Juve che la settimana prossima si giocherà la finale della Champions League. «L’altro giorno – racconta Alberto Zangrillo – ci ha chiesto un mojto. Ha recuperato lo spirito di quel ragazzino che conoscono genitori e amici. Un ragazzo eccezionale, dotato di intelligenza non comune. Tutti i giorni parlo con lui e scherzo».
Fonte: http://milano.corriere.it/ |
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l’ECMO nei prossimi anni sarà,credo.la nuova frontiera del trattamento degli ACC,sperando comunque si riesca a mantenere l’obiettività sulle chance dei nostri pazienti.