Dolore? no grazie! quando a provarlo sono i bambini
Il 45% delle visite in Pronto Soccorso è dovuto a sintomatologia dolorosa. Il dolore, infatti, è il principale sintomo di presentazione di molte patologie mediche, chirurgiche e traumatiche, oppure viene riportato come sintomo secondario al problema principale. Non di meno dobbiamo considerare la rilevanza dell’impatto che ha quella componente di dolore associata alle procedure diagnostico-terapeutiche. In molti casi, infatti, questa è prevedibile ed è doveroso iniziare la “profilassi” fin dalle fasi del Triage perché una caratteristica peculiare del dolore procedurale è l’importanza estrema della componente emotiva, soprattutto per quel che riguarda l’ansia anticipatoria. Anche il dolore non procedurale in realtà andrebbe trattato già al Triage, senza timore di mascherare il quadro clinico sottostante.
L’evidenza della letteratura dimostra però che il dolore in Pronto Soccorso è ancora insufficientemente riconosciuto e affrontato, e non tanto per mancanza di strumenti adeguati, quanto per carenze culturali ed organizzative. L’American Pain Association da anni si adopera affinché il dolore sia riconosciuto come 5° parametro vitale.
Definizione del Dolore
La IASP (International Association for the Study of Pain – 1986) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. E’ un’esperienza individuale e soggettiva su cui convergono da un lato componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali, e dall’altro componenti esperienziali e affettive, che modulano in maniera importante quanto percepito”. Il dolore è dunque un fenomeno multidimensionale con componenti sensoriali, fisiologiche, cognitive, affettive, comportamentali.
L’incapacità di comunicare verbalmente non nega la possibilità che un individuo provi dolore e abbia bisogno di un adeguato trattamento analgesico.
Da un punto di vista fisiopatologico possiamo distinguere differenti tipi di dolore:
- nocicettivo
- neuropatico
- psicogeno
- misto
Tale distinzione è estremamente utile per impostare un corretto approccio terapeutico.
Dolore nocicettivo
Il dolore nocicettivo è provocato dall’attivazione di recettori specifici del dolore, detti nocicettori, in risposta ad uno stimolo nocivo. Si distingue in viscerale (per attivazione dei nocicettori localizzati nei visceri) e somatico (per attivazione dei nocicettori sui tessuti superficiali e profondi). Diversamente che nel dolore neuropatico, la percezione dolorosa è strettamente correlata all’intensità dello stimolo e indica la presenza di un danno tessutale reale o potenziale.
Dolore neuropatico
Il dolore neuropatico origina da anomalie della trasmissione degli impulsi secondarie a lesioni o disfunzioni del sistema nervoso periferico o centrale. Il dolore neuropatico può essere, quindi ,sia periferico (come diretta conseguenza di una lesione o di una patologia che colpisce il sistema nervoso periferico, il ganglio della radice dorsale o la radice dorsale), sia centrale (come diretta conseguenza di una lesione o di una patologia del SNC). Esempi di dolore neuropatico sono i seguenti:
- Allodinia Dolore causato da uno stimolo che normalmente non provoca dolore.
- Iperalgesia Aumentata risposta dolorosa ad uno stimolo normalmente doloroso (tattile o termico; entrambi sono rari). L’iperalgesia al freddo è più frequente di quella al caldo.
- Ipoalgesia Ridotta risposta dolorosa ad uno stimolo normalmente doloroso (tattile o termico; entrambi sono rari).
- Parestesia Sensazione anormale conseguente ad uno stimolo solitamente non spiacevole, come formicolio, pizzicore o torpore. Può essere spontanea o provocata.
- Disestesia Sensazione spiacevole. Può essere spontanea o provocata.
- Iperestesia Aumentata sensibilità ad uno stimolo (tattile o termico; entrambi sono rari).
- Ipoestesia Ridotta sensibilità ad uno stimolo (tattile o termico; entrambi sono frequenti).
Dolore psicogeno
Il dolore psicogeno deriva dall’anomala interpretazione dei messaggi percettivi normalmente avviati e condotti.
Dolore misto
Il dolore misto è quello in cui si ritrovano tutte le componenti precedenti.
Ogni dolore viene scritto su lastre di una sostanza misteriosa al paragone della quale il granito è burro. E non basta un’eternità a cancellarlo.
(Dino Buzzati)
Sfatiamo i Falsi Miti
1) I bambini più piccoli non sentono il dolore
A partire dalla fine del secondo trimestre di gestazione, il feto possiede la struttura anatomica e neurochimica adeguata per percepire il dolore, e sin dall’età neonatale esiste una “memoria del dolore”. Dunque, il bambino e il neonato percepiscono dolore e, a parità di stimolo, il neonato percepisce più dolore.
I neonati possono sentire e modulare il dolore, ma i neonati pretermine sentono il dolore e in più hanno sistemi di modulazione immaturi. A tutte le età, uno stimolo doloroso lascia traccia nella memoria ed è possibile la cronicizzazione del dolore. Stimoli dolorosi ripetuti senza copertura analgesica determinano modificazioni strutturali e funzionali persistenti a carico del sistema nocicettivo. Gli effetti negativi del dolore sulla prognosi attuale e futura sono maggiori in età neonatale-pediatrica rispetto alle età successive. Un’adeguata terapia antalgica annulla tutti gli effetti negativi del dolore, sia attuali che a distanza.
2) I bambini tollerano il dolore meglio degli adulti
La tolleranza al dolore aumenta con l’età. Il SNC immaturo non è in grado di modulare il dolore perché i sistemi di modulazione si sviluppano più tardi rispetto alle strutture anatomiche e biologiche preposte alla trasmissione degli impulsi nocicettivi.
3) I bambini si abituano al dolore o alle procedure dolorose
I bambini esposti a ripetute procedure dolorose manifestano un aumento dell’ansia e della percezione del dolore. Il dolore ripetuto e prolungato amplifica la sensibilità al dolore, modifica la capacità di adattamento post-natale, influenza il comportamento alimentare e il legame con i genitori.
4) I bambini non ricordano il dolore
E’ dimostrato che il neonato, anche se pretermine, è in grado di memorizzare le esperienze dolorose e, a causa dell’alto livello di plasticità del SNC, le esperienze dolorose possono influenzare l’architettura finale del cervello adulto. Inoltre, la memoria del dolore viene immagazzinata nel SNC del bambino e ne condizione le successive reazioni al dolore (incapacità a tollerare dolore anche di minima intensità).
5) Il dolore è un’esperienza soggettiva e non può quindi essere misurato
E’ vero che il dolore è il sintomo soggettivo per eccellenza, ed è legato all’età e al grado di maturità del bambino, oltreché a fattori socio-culturali. Ma è altrettanto vero che la severità del dolore può essere misurata attraverso scale di valutazione differenziate per età che consentono al bambino di esprimere e “quantificare” l’intensità del dolore provato, e agli operatori di adoperare un linguaggio condiviso. Bisogna però riconoscere il dolore come “problema” per poterlo misurare attraverso gli strumenti adeguati.
6) La somministrazione di farmaci analgesici può causare essa stessa dolore
Questo non accade se vengono utilizzate come vie di somministrazione quella orale, intranasale o rettale. La via intramuscolare deve essere limitata ai casi in cui non vi siano altre possibilità.
Valutazione del Dolore
Misurare il dolore è il primo passo per poter riconoscere e quindi alleviare la sofferenza. A tale scopo è necessario utilizzare strumenti adeguati, efficaci e validati, scelti in relazione all’età del bambino e al suo sviluppo cognitivo e comunicativo.
Le scale utilizzate per misurare il dolore si dividono in:
Scale di autovalutazione. Costituiscono il gold-standard. Si basano sulla descrizione che il bambino riesce a dare del proprio dolore. I limiti sono posti soprattutto dall’età del paziente e dalle sue capacità cognitive e comunicative. Si usano sopra i 4 anni d’età. Gli strumenti a disposizione sono molteplici e aiutano il bambino attraverso immagini, disegni o griglie predefinite a quantificare (definire con un numero) l’entità del dolore percepito.
Scale di eterovalutazione. Persone diverse dal bambino (genitori/operatori sanitari) valutano e danno una misurazione del dolore provato dal bambino stesso. Sono utili nella valutazione del dolore in bambini con handicap cognitivo e/o neuromotorio.
Metodi fisiologici. Valutano l’effetto del dolore su parametri fisiologici (i più frequenti sono aumento di frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa, sudorazione palmare, riduzione della saturazione transcutanea di ossigeno).
Metodi comportamentali. Valutano le risposte comportamentali secondarie al dolore. Non forniscono una valutazione diretta delle caratteristiche quali-quantitative dello stimolo nocicettivo, ma rappresentano la risposta globale (sensoriale ed emozionale) all’esperienza dolorosa.
I parametri comportamentali più utilizzati sono la postura, la mimica facciale, il movimento, il pianto, le modificazioni del ritmo circadiano (sonno, alimentazione, relazione…).
Le tre scale algometriche che per efficacia, efficienza e applicabilità, risultano le più indicate per la misurazione sono:
- la Scala FLACC (< 3 anni e in bambini con deficit cognitivi)
- la Scala con le faccine di Wong-Baker (> 3 anni)
- la Scala numerica (> 8 anni)
Scala FLACC: istruzioni per l’uso
- pazienti in stato di veglia: osservare il neonato/bambino da un minimo di 1 minuto ad un massimo di 5 minuti. Osservare le gambe e il corpo scoperti, osservare la reattività, la tensione e il tono muscolare.
- pazienti addormentati: osservare per almeno 5 minuti. Osservare il corpo e le gambe scoperti. Toccare il corpo per valutare tensione e tono muscolare.
- leggere attentamente il foglio di scoring per evitare interpretazioni soggettive con sovra- o sottostime.
Scala di Wong-Baker: istruzioni per l’uso
E’ costituita da sei facce, da quella sorridente corrispondente a “nessun male” a quella che piange, corrispondente al “peggior male possibile”. Va somministrata al bambino chiedendogli di indicare la faccina che corrisponde al male e al dolore che prova in quel momento. Si consiglia di utilizzare il sostantivo “male” dai 3 ai 5 anni, “dolore” dai 6 ai 7 anni e di fare attenzione a non suggerire/anticipare la risposta del bambino.
Scala numerica: istruzioni per l’uso
Adatta per i bambini di età uguale o superiore agli 8 anni, che abbiano cioè già acquisito le nozioni di proporzione. Si tratta di una linea orientata orizzontalmente, di 10 cm, con due “end points” che corrispondono a “nessun dolore” e al “massimo dolore possibile”. Anche in questo caso, attenzione a non suggerire o anticipare la risposta del bambino, e a non chiedere l’intensità del dolore facendo riferimento ad un periodo di tempo già trascorso. La valutazione del dolore deve riguardare solo l’intensità del dolore percepito nel momento in cui si somministra la scala.
Terapia del Dolore
Non è la sofferenza del bambino che è ripugnante di per sé stessa, ma il fatto che questa sofferenza non è giustificata.
(Albert Camus)
Abbiamo a disposizione sia gli strumenti che le “best practice” per garantire un adeguato controllo del dolore in età pediatrica, ma nonostante ciò il trattamento del dolore viene effettuato con minor frequenza nel bambino rispetto all’adulto, e i farmaci sono spesso sottodosati e somministrati tardivamente.
Affinché la terapia sia efficace occorre definire il programma terapeutico cercando di individuare e trattare la causa del dolore senza incidere sul ritmo circadiano. Il dolore va sempre cercato e trattato, e, quando possibile, va profilassato.
Farmaci
I farmaci indicati nella gestione del dolore in età pediatrica sono diversi e possono essere suddivisi in quattro categorie:
- analgesici non oppioidi
- oppioidi
- adiuvanti
- anestetici locali
Prenderemo qui in considerazione solo le prime due categorie.
Analgesici non oppioidi
Paracetamolo
E’ il farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore lieve-moderato, non possiede attività antinfiammatoria, non è gastrolesivo e può essere utilizzato in pazienti con disturbi della coagulazione. Ha attività sinergica con FANS e oppiodi. La dose analgesica è maggiore di quella antipiretica. I dosaggi massimi non andrebbero mantenuti oltre le 48-72 ore.
FANS
Sono caratterizzati da un effetto-tetto, per cui oltre una determinata dose non si ottiene un ulteriore beneficio ma solo un aumento degli effetti collaterali. Sono controindicati in caso di disturbi della coagulazione, possono provocare alterazioni della funzionalità renale (attenzione nei bambini disidratati), della funzionalità epatica, problemi di tipo allergico e lesioni della mucosa gastrica. Tra i più comuni ricordiamo
- Ibuprofene: E’ un antinfiammatorio debole rispetto ad altri FANS, rappresenta una valida alternativa al paracetamolo, con un profilo di sicurezza sovrapponibile, utile nel caso in cui il paracetamolo non sia sufficiente oppure sia necessaria un’azione antiflogistica (emicrania, dolore osteomuscolare, dolore dentario).
- Acido acetilsalicilico: trova indicazione esclusivamente nella terapia della malattia di Kawasaki, nella malattia reumatica, nella terapia antiaggregante, nel trattamento dell’emicrania (sopra i 12 anni) e in quello dell’artrite idiopatica giovanile, in caso di mancata risposta ad altri FANS.
- Naproxene: ha una potenza intermedia, sconsigliato sotto i 16 anni dall’AIFA, approvato dalla FDA per uso pediatrico nell’artrite idiopatica giovanile.
- Ketoprofene sale di lisina: poche evidenze sul profilo di sicurezza, ha il vantaggio della somministrazione rettale, sconsigliato l’uso pediatrico dall’ AIFA.
- Indometacina: FANS molto potente, utilizzato solo nella colica renale e raramente nell’artrite idiopatica giovanile sistemica. L’AIFA ne sconsiglia l’uso pediatrico.
Analgesici oppioidi
Hanno meccanismo d’azione complesso mediato dall’interazione con siti recettoriali ubiquitari, che determina sia gli effetti terapeutici che quelli collaterali. Tra quest’ultimi, quello più temuto è la depressione respiratoria (dose-correlata), che ne ha limitato l’utilizzo in età pediatrica, ma che non è poi così frequente a patto che questi farmaci vengano somministrati secondo i dosaggi e gli schemi terapeutici raccomandati. Gli effetti collaterali di più frequente riscontro in fase di mantenimento sono la stipsi e la tolleranza, per cui può diventare necessario un incremento del dosaggio.
Si dividono in oppioidi deboli e oppioidi forti.
- Codeina: è un oppioide debole con effetto tetto, per cui l’aumento della dose non produce beneficio; in associazione al paracetamolo era uno dei farmaci più utilizzati in ambito pediatrico. Ora il suo uso è vietato nei bambini di età inferiore ai 12 anni; in quelli di età uguale o superiore ai 12 anni è vietato in caso di problemi respiratori di qualunque natura, anche in presenza di una semplice ipertrofia adenoidea. Tutto questo in seguito al decesso di 15 bambini, ipermetabolizzatori. Laddove si manifestino eventi così gravi, morte o danni irreversibili, è assolutamente da condividere la scelta fatta dall’AIFA.
- Tramadolo: è uno degli oppioidi che funziona un pò sul dolore neuropatico (gli oppioidi non hanno effetto su questo tipo di dolore). Nella pratica ospedaliera viene utilizzato nel dolore moderato, per lo più post-operatorio, spesso in associazione a ondansetron, entrambi in infusione continua. È uno degli oppioidi più utilizzati per la nevralgia del trigemino. Sicuro e indicato anche in trattamenti domicilari. In Italia il farmaco è registrato per uso pediatrico in bambini di età superiore a 1 anno.
- Morfina: è un farmaco che fa paura, ma è un farmaco facile da usare. La depressione respiratoria in caso di somministrazione di morfina per os è rarissima ed è legata per lo più ad errori di dosaggio. È l’oppioide più utilizzato sia per uso in acuto (infusione continua dopo bolo) che cronico (somministrazione per os, molto utilizzate le forme a rilascio prolungato). È più efficace sul dolore sordo e continuo (viscerale) che su quello acuto e intermittente.
- Fentanil: viene classicamente considerato un farmaco da anestesisti. E’ un oppioide di sintesi a rapida insorgenza di azione (1 minuto) e breve durata (30-60 minuti), molto più potente della morfina e con minori effetti collaterali sull’apparato cardiovascolare. E’ indicato per la gestione del dolore critico, nell’ emergenza e nel dolore procedurale, e può essere somministrato per via transmucosale (“lollipop”), orale e nasale.
- Metadone: emivita più lunga rispetto alla morfina. Utilizzato nella gestione del dolore cronico del bambino e nello svezzamento da altri oppioidi. Può dare fenomeni di accumulo.
Cause di Fallimento terapeutico
Alcuni degli errori più frequenti in cui si può incorrere nella definizione di un programma antalgico sono:
- dose non corretta per peso e per età
- uso al bisogno anziché ad orario fisso
- farmaco non indicato per tipo di dolore (es dolore valutato come severo e trattato con analgesici poco potenti)
- assenza di monitoraggio algometrico e quindi di modulazione dell’approccio antalgico
- via di somministrazione invasiva
- uso improprio di sedativi, che bloccano non la nocicezione ma la risposta emotiva e comportamentale al dolore stesso
- oppioidi poco usati, sottodosati, e non scalati gradualmente dopo periodi di terapia di 5-7 giorni, con insorgenza di sindrome di astinenza
Fonte: http://www.medicinadurgenza.org/ – Valeria Tromba, MD |
Le foto presenti sul sito sono state in larga parte reperite su Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo all’indirizzo e-mail admin@soccorritori.ch, lo Staff provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate. |