Introduzione
La crush syndrome o rabdomiolisi traumatica interessa pazienti che sono stati intrappolati in modo prolungato con compressione di uno o piu’ arti. Oltre che degli arti colpiti determina nelle sue forme piu’ gravi il coninvolgimento cardiovascolare e renale. E’ associata con maggior frequenza a crolli di edifici per terremoti, scoppio di gas, eventi bellici o terroristici, ed interessa spesso molti individui contemporaneamente (3-20% dei sopravvissuti estratti dalle macerie nei terremoti) costituendo un problema organizzativo rilevante all’interno della gestione sanitaria di una catastrofe. Piu’ raramente si puo’ presentare nell’ ambito di incidenti stradali per intrappolamento al di sotto di veicoli o macchinari.
Cenni storici ed epidemiologia
La crush syndrome o rabdomiolisi traumatica interessa pazienti che sono stati intrappolati in modo prolungato con compressione di uno o piu’ arti. Si presenta in genere nell’ambito di crolli di edifici per terremoti, scoppio di gas, eventi bellici o terroristici, e coinvolge spesso molti individui contemporaneamente (3-20% dei sopravvissuti estratti dalle macerie nei terremoti) costituendo un problema organizzativo rilevante all’interno della gestione sanitaria di una catastrofe. Piu’ raramente si puo’ presentare nell’ ambito di incidenti stradali per intrappolamento al di sotto di veicoli o macchinari.
La prima comparsa della crush sindrome in letteratura medica risale all’inizio del ventesimo secolo quando viene descritta una sindrome associata a prolungato intrappolamento al di sotto di macerie, caratterizzata da danno muscolare, insufficienza renale e morte. Nel 1910 viene descritta una triade letale caratterizzata da dolori muscolari, debolezza e urine scure. Tale sindrome viene poi riscontrate in molti soldati della prima guerra mondiale estratti da trincee crollate. E’ pero’ all’inizio del secondo conflitto mondiale che nella letteratura inglese compare il termine crush injury, e viene associata la sindrome alla rabdomiolisi. Molti cittadini londinesi estratti dalle macerie degli edifici sviluppavano il complesso di sintomi: shock, edema degli arti e urine scure. La sindrome che esitava in insufficienza renale olgoanurica era quasi sempre letale entro una settimana, la biopsia renale evidenziava necrosi tubulare e pigmento brunastro diffusamente precipitato. Nel 1943 questo pigmento scuro nvenne identificato come mioglobina proveniente dalla rabdomiolisi degli arti, gia’ allora venne indicato come trattamento l’uso di un riempimento volemico generoso associato a diuretici. Nella guerra di corea la mortalita’ della sindrome era ancora dell’ 84%, l’introduzione della dialisi determinò un drastico calo’ della mortalita’ che rimase comunque al 50% (guerra del Vietnam). Dal 1980 in poi la storia della patologia interessa per lo piu’ vittime coinvolte in crolli di edifici nell’ambito di terremoti. L’associazione di di reintegro polemico sempre piu’ precoce oggi iniziato anche prestricazione e la rapida centralizzazione in strutture sanitarie ha permesso di abbassare ulteriormente la mortalita’.Nel 1988 nel terremoto in armenia che uccise 50000 persone vi furono 600 pazienti con insufficienza renale che richiesero emodialisi Nel 1999 a seguito del terremoto in turchia nella zona del mar di marmara si verificarono 462 casi di insufficienza renale con una mortalita’ ancora elevata del 19%, Il grosso problema organizzativo delle catastrofi dei nostri giorni e’ riuscire ad ottenere una immediata e ampia disponibilita’ di macchine emodialitiche per trattare i pazienti estrinsecati che nonostante il trattamento vanno incontro ad insufficienza renale, e questo aspetto costituisce un aspetto rilevante nell’ambito della moderna medicina delle catastrofi.
Fisiopatologia
La crush sindrome e’ caratterizzata da rabdomiolisi traumatica, mioglobinuria ed insufficienza renale acuta, ed è fisiopatologicamente determinata dalla compressione prolungata (generalmente 4-6 ore) di masse muscolari, con compromissione della circolazione locale. In realta’ il tempo totale di intrappolamento può non riflettere la reale severita’ del danno e la potenzialita’ delle complicazioni renali e cardiovascolari, anche masse muscolari molto estese compresse per brevi periodi (< 1 ora) possono determinare una crush sindrome grave.
Il trauma della microvascolarizzazione determinato dall’applicazione prolungata di una forza compressiva determina ipoperfusione cellulare ischemia e se mantenuto morte cellulare. L’ipossia cellulare diminuisce progressivamente le riserve di adenosina trifosfato (ATP) del citosol. Fino all’indisponibilita’ di substrati energetici per il funzionamento dei meccanismi di integrita’ cellulare, cio’ conduce al blocco delle pompe di membrana Na/K atp dipendenti, aumento del calcio intracellulare edema dei miociti fino alla lisi con rilascio nello spazio interstiziale di tutto il contenuto intramembrana, in particolare di potassio, creatinfosfochinasi e mioglobina. Al danno primario provocato direttamente dalle forze traumatiche compressie segue il danno secondario originato prevalentemente della aumento della pressione compartimentale che determina, ulteriore compressione vasale che a sua volta conduce ad aggravamento dell’ ischemia cellulare ed estensione della massa necrotica in un vortice fisiopatologico che si autoalimenta.
All’aumento della pressione compartimentale concorrono sia le micro e macro emorragie dai vasi lesi all’interno del compartimento muscolare, sia soprattutto l’edema locale scatenato dall’attivazione della cascata infiammatoria ad opera del rilascio di mediatori da parte della lisi cellulare responsabili dell’attivazione neutrofila e dell’aumento della permeabilita’ vascolare. L’aggregazione piastrinica, parte anch’essa dell’attivazione infiammatoria determina trombosi intravascolare ed aggravamento della compromissione della microcircolazione. Se non trattata l’aumento della pressione compartimentale puo’ determinare ischemia muscolare irreversibile e perdita dell’arto. Nell’arto leso possono essere sequestrati fino a 12 litri di fluidi in 48 ore.
Quando l‘arto e’ liberato dalle forze complessive, ed è quindi ristabilito il flusso ematico locale, la riperfusione provoca il trasporto nella circolazione sistemica dei prodotti della necrosi cellulare intrappolati localmente dalla stasi ematica, soprattutto di potassio mioglobina, cpk, acido lattico e fosforo, in questa fase il danno traumatico locale diviene sistemico e la crush sindrome si manifesta nella sua gravita’. Alla riperfusione segue infatti inzialmente iperpotassemia, acidosi metabolica, mioglobinuria (responsabile delle urine pigmentate “a lavatura di carne”), e successivamente shock ipovolemico da intrappolamento di enormi quantita’ di liquidi nelle masse tissutali lese, e piu’ tardivamente insufficienza renale la cui genesi e’ duplice 1) prerenale da ipovolemia e ipotensione, 2) necrosi tubulare acuta da ostruzione tubulare ad opera della mioglobina che precipita all’interno dei tubuli (precipitazone favorita dal ph acido) La mioglobina e’ responsabile oltre che di un danno indiretto per ostruzione tubulare meccanico anche di uno diretto ad opera dei complessi eme sulle cellule tubulari. All’insufficienza renale segue oligoanuria, uremia e iperpotassemia che in assenza di trattamento come accadeva fino a meno di un secolo fa, conduce a morte in 3-7 giorni.
Clinica
La possibilita’ di insorgenza della crush sindrome deve essere sospettata sulla base della dinamica dell’evento traumatico, ancora prima che la sindrome divenga manifesta clinicamente. E’ probabile che una compressione muscolare maggiore di un’ora o ancora meno se la compressione interessa masse estese, possa sviluppare rabdomiolisi traumatica.In assenza di informazioni sull’evento la compressione deve essere sospettata in presenza di segni clinici locali quali esteso danno epiteliale, edema, ecchimosi, eritema. L’assenza di polso distale associato ad edema teso, dolore, debolezza, pallore, ipotermia ed anestesia dell’arto puo’ indicare una sindrome compartimentale gia’ in atto. Il quadro laboratoristico tipico della sindrome e’ caratterizzato da iperkaliemia, iperfosfatemia, ipocalcemia, iperuricemia, cpk elevato, ematuria e mioglobinuria. Piu’ tardivamente aumento di azotemia e cratinina.
Il livello di cpk è il valore di laboratorio più sensibile ai fini dell’estensione della massa muscolare coinvolta. Il superamento del valore di 20000 U/L indica normalmente una rabdomiolisi severa.
Gli effetti cardiovascolari della sindrome sono caratterizzati dallo Shock ipovolemico determinato dal sequestro di liquidi del compartimento leso, (ipotensione e tachicardia) e dall’effetto aritmico dell’iperpotassemia (se 6mg/dl) aggravato dalla spesso presente acidosi metabolica. In alcuni casi se le masse muscolari coinvolte ella compressione sono ampie, l’iperpotassemia può essere di entita’ tale da condurre il paziente ad arresto acardiaco entro un’ora dalla riperfusione. Altre anomalie elettrolitiche associate sono l’ipocalcemia e l’ipofosfatemia.
L’ipocalcemia determinata dal sequestro di calcio nelle cellule lese e’ usualmente asintomatica. L’iperfosfatemia puo’ aggravare l’ipocalcemia. Va tenuto conto che in caso di severa iperpotassemia associato ad iperfosfatemia il calcio somministrato come antiaritmico e’ inefficace a basse dosi.
In alcuni casi l’attivazione infiammatoria che segue il danno primario e la riperfusione, puo’ essere tale da interessare l’intero organismo, con sviluppo di ards polmonare da danno dell’epitelio alveolare e dell’endotelio capillare perialveolare.
Trattamento
Il primo ovvio provvedimento terapeutico è la rimozione delle forze compressive, ma spesso non e’ facile ne’ immediato, basti pensare al tempo necessario per estrarre un paziente intrappolato sotto una casa crollata per un terremoto.
Il cardine del trattamento medico e’ l’idratazione precoce ed aggressiva.
1) precoce: l’acceso venoso deve essere posizionato non appena il paziente e’ accessibile al team di soccorso, e l’idratazione iniziata appena possibile. L’estrinsecazione in molti casi richiede ore, il percorso fisiopatologico che conduce all’ipovolemia inizia immediatamente al momento del trauma, il ritardo dell’inizio della fluidoterapia aumenta il rischio di insufficienza renale acuta. Addirittura se inziata dopo 6-12 ore dal trauma puo’ essere completamente inefficace nella prevenzione dell’insufficienza renale stessa.. Nel lavoro di Better 1997, e’ evidenziato come la fluidoterapia precoce puo’ addirittura azzerare la percentuale di insufficienze renali. Va tenuto inoltre presente che il momento stesso dell’estricazione e’ critico per il venir meno improvviso delle forze compressive, con conseguente rischio di gravi ipotensioni e sincopi che devono essere con il riempimento prevenute.
2) Aggressiva : e’ necessaria una quantita’ rilevante di infusioni per prevenite danni sistemici e soprattutto renali della rabdomiolisi traumatica, si consiglia pre e durante l’estricazione almeno 1,5 L/hr di soluzione fisiologica. Il tradizionale crush injury coktail prevede anche 20 mEq di bicarbonato e 10 g di mannitolo ogni litro infuso. Ma se l’evidenza dell’utilita’ del riempimento precoce e’ forte, non lo è ugualmente quella di dover gia’ iniziare sul terreno alcalinizzazione e diuresi forzata. Dopo l’estricazione almeno 500ml/hr di cristalloidi, con eventuale aggiunta di mannitolo e bicarbonato (20Meq / litro). Nelle ore successive la velocita’ infusionale deve essere titolata per mantenere un flusso urinario tra 200- 300ml/hr, tale flusso urinario puo’ richiedere anche 10 – 12 l/di cristalloidi nelle prime 24 ore..
Quali soluzioni: I dati che abbiamo riportato si riferiscono unicamente a cristalloidi. Il dibattito tra collodi e cristalloidi rimane aperto ed irrisolto. Se dalla parte i colloidi hanno il vantaggio di rimanere piu’ a lungo nel circolo, rischiano pero’ di aumentare la disidratazione intracellulare, ed almeno per destrani ed amido idrossietilico peggiorare la funzionalita’ renale. I cristalloidi sono economici, sicuri, e si distribuiscono anche allo spazio extravascolare. Almeno in una prima fase comunque l’uso misto puo’ essere ragionevole. Trai cristalloidi in fase preestricazione e’ consigliata soluz fisiologica perche’ priva di potassio, in fase intraospedaliera vanno aggiunti elettroliti (potassio) secondo il monitoraggio serico e glucosio per l’apporto calorico.
Altri provvedimenti terapeutici consigliai sono: a) l’alcalinizzazione delle urine per prevenire la precipitazione di mioglobina attraverso bicarbonato aggiunto alle infusioni ed acetazolamide (se ph ematico >7,5) per favorirne l’escrezione nelle urine.diuresi forzata da furosemide 40/120 mg/die ev o mannitolo (1,5 – 2gr ev in dosi ripetute). Il ph ematico deve rimanere < 7,5 e quello urinario tra 6 e 7.
La somministrazione di calcio e’ raramente indicata, si consiglia solo in presenza di significativi cambiamenti elettrocardiografici relativi ad ipo o iper potassemia, tenendo presente che spesso causa iperfosfatemia le dosi normali sono inefficaci.
Se compare oliguria e segni laboratoristici di peggioramento della funzionalita’ renale e’ indicato il trattamento renale sostitutivo, con emodialisi tradizionale o con ultrafiltrazione continua. In terapia intensiva la preferenza e’ sicuramente accordata all’ultrafiltrazione, tecnica piu’ tollerata dal paziente critico.
Sindrome compartimentale e fasciotomia
La pressione nel compartimento muscolare all’interno della fascia anelastica aumenta per presenza di sangue ed edema intra ed extracellulare. Se la pressione e’ molto elevata puo’ determinare blocco completo circolazione con collasso dei vasi e conseguente ischemia tissutale (muscolare e nervosa), e rischio di perdita dell’intero arto. E’stato suggerito il limite di differenziale di 30 mmHg tra la Pa diastolica e la pressione interstiziale (indice di pressione di perfusione) come diagnosi di sindrome compartimentale grave . La pressione puo’ essere misurata tramite un ago infisso nel compartimento interessato collegato ad un trasduttore per pressione cruenta. I sintomi che fanno sospettare una sindrome compartimentale sono dolore sproporzionato al danno iniziale, pallore, paralisi progressiva, parestesie, ed assenza di polso periferico. Diagnosticata la sindrome compartimentale il trattamento e’ la fasciotomia chirurgica. In estremi casi ma rari e’ necessaria l’amputazione.
Conclusioni
La rabdomiolisi traumatica e’ un evento che si associa preferenzialmente a scenari catastrofici, bellici o terroristici, mentre e’ piuttosto raro negli usuali contesti traumatici di maggior frequenza.
Le gravi conseguenze renali e cardiovascolari possono essee in buona parte prevenute da una terapia fluidica aggressiva e precoce e dal mantenimento successivo di un buon volume circolante ed una abbondante diuresi.
Fonte: http://rianimazione.net/ |
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