Un’anamnesi approfondita è fondamentale per la diagnosi delle malattie cardiovascolari e non può essere sostituita da una serie di test non invasivi e invasivi di routine o scelti a caso, che sono costosi e inefficaci. L’anamnesi familiare va raccolta in maniera accurata, poiché molte cardiopatie (p. es., la malattia coronarica, l’ipertensione sistemica, la valvola aortica bicuspide, la cardiomiopatia ipertrofica, il prolasso mitralico) hanno una base ereditaria.
La manifestazione clinica delle principali malattie cardiovascolari comprende relativamente pochi sintomi: dolore, dispnea, astenia e facile affaticabilità, palpitazioni, lipotimia, presincope, sincope e altri sintomi, che possono essere dovuti alla cardiopatia o possono accompagnarla. Anche piccole variazioni di questi sintomi meritano la dovuta attenzione.
Dolore
Il dolore cardiaco può essere arbitrariamente classificato come ischemico, pericardico o atipico. Sebbene a volte il dolore cardiaco sia caratteristico per una data cardiopatia, esiste spesso una significativa sovrapposizione con altre patologie in termini di caratteristiche, qualità, localizzazione, tipo di irradiazione, gravità e durata. Il dolore cardiaco viene trasmesso alla corteccia cerebrale lungo le fibre nervose del sistema neurovegetativo e ha un’area di proiezione variabile che può estendersi dall’orecchio fino all’ombelico. Il dolore toracico extracardiaco di origine cardiovascolare comprende il dolore che origina dai grossi vasi e il dolore dovuto a embolia polmonare.
Il dolore da ischemia miocardica viene solitamente descritto come una sensazione di oppressione, costrizione o peso. In genere è più intenso a livello precordiale e il paziente può indicarlo mettendo il proprio pugno al centro dello sterno. Si irradia spesso nel territorio dei nervi cervicali inferiori e può quindi essere percepito a livello del collo, della mandibola, di una spalla o di un braccio (più comunemente la spalla e il braccio di sinistra). Se sono coinvolti il braccio e la mano, il dolore interessa in genere il versante ulnare. Il dolore da ischemia miocardica induce spesso una risposta neurovegetativa (p. es., nausea o vomito, sudorazione). Può essere presente una sensazione di morte imminente. Il dolore da ischemia miocardica dovuto all’aterosclerosi coronarica è solitamente correlato agli sforzi fisici, almeno all’inizio. Il dolore dell’IMA, tuttavia, può manifestarsi all’improvviso, quando il paziente è a riposo. Il dolore dovuto al restringimento dinamico delle coronarie da spasmo arterioso, sebbene di natura ischemica, si verifica soprattutto a riposo o di notte. La durata del dolore ischemico è dell’ordine di minuti.
Il dolore pericardico, che è dovuto all’infiammazione del pericardio parietale, è lancinante, urente o tagliente ed è peggiorato dalla tosse, dalla deglutizione, dalla respirazione profonda o dal clinostatismo. È meno variabile per carattere, sede e irradiazione rispetto al dolore ischemico. È alleviato dall’inclinazione in avanti del torace. Il dolore pericardico può persistere per ore o giorni. Non è sensibile alla nitroglicerina.
Il dolore toracico atipico tende a essere lancinante o urente ed è spesso piuttosto variabile per localizzazione e intensità da un episodio all’altro. Solitamente, non è correlato allo sforzo fisico e non risponde alla nitroglicerina. La sua durata può essere estremamente breve (dell’ordine di secondi) o piuttosto prolungata (molte ore o giorni). Alcune persone con dolore toracico atipico hanno segni obiettivi o evidenza ecocardiografica di prolasso della valvola mitrale. Se il dolore sia correlato al prolasso mitralico o se sia solo un epifenomeno è controverso, dal momento che è comune in assenza di un prolasso evidente. Un vago fastidio toracico atipico è comune anche nei soggetti con tachiaritmie atriali isolate in assenza di una significativa cardiopatia di base. Sebbene il dolore toracico atipico possa essere debilitante, non c’è alcuna evidenza che questo indichi una cardiopatia grave, eccetto nel caso in cui sia dovuto a una malattia dei grossi vasi o a embolia polmonare.
Il dolore provocato dalla dissezione dell’aorta (o raramente dell’arteria polmonare) è abitualmente molto intenso, con carattere di rottura o lacerazione. Di solito il dolore insorge con l’inizio della dissezione, è seguito da un periodo silente di ore o giorni e riprende poi con il progredire della dissezione. È localizzato al centro del torace, si irradia al collo o al dorso e non è influenzato dalla posizione, a meno che la rottura del vaso nel pericardio con emopericardio non provochi una pericardite acuta. Se sono coinvolti gli osti coronarici, al dolore della dissezione può sovrapporsi un dolore ischemico.
Il dolore dell’embolia polmonare può avere le caratteristiche del dolore pleurico, se l’infarto del polmone comporta pleurite, o può essere di tipo anginoso, se si ha un’ischemia del ventricolo destro secondaria all’improvvisa comparsa di ipertensione polmonare. Se si sospetta un’embolia polmonare, bisogna chiedere al paziente se ha notato un edema unilaterale o ha accusato dolore alle gambe, se è stato sottoposto a un intervento chirurgico recente o è convalescente da una malattia che abbia richiesto un prolungato periodo di allettamento. Se si sospetta una pericardite, nell’anamnesi sarà necessario considerare l’eventuale esposizione ad agenti infettivi, una storia di malattie del tessuto connettivo o del sistema immunitario o una precedente diagnosi di neoplasia.
Dispnea cardiaca
La dispnea è la percezione di un respiro fastidioso, difficoltoso o affannoso. La dispnea cardiaca è la conseguenza dell’edema delle pareti bronchiolari e della rigidità del polmone per l’edema parenchimale o alveolare, fattori questi che interferiscono con il flusso dell’aria. La dispnea può risultare anche dall’inadeguatezza della gittata cardiaca rispetto alle richieste metaboliche dell’organismo e può verificarsi senza edema polmonare.
La dispnea cardiaca è sempre peggiorata dallo sforzo e si risolve parzialmente o completamente con il riposo. La dispnea dovuta all’elevata pressione venosa polmonare e all’edema polmonare è più intensa in clinostatismo e diminuisce nella posizione seduta o in piedi (ortopnea). Se l’ortopnea causa il risveglio durante la notte ed è migliorata dall’assunzione della posizione seduta, viene definita dispnea parossistica notturna. La dispnea che si ha in presenza di edema bronchiolare è associata a sibili espiratori dovuti all’ostruzione al flusso d’aria; si ha un espettorato schiumoso e, a volte, striato di sangue. Una comune manifestazione clinica di edema bronchiolare e di rigidità polmonare da insufficienza cardiaca è una tosse secca, che deve essere differenziata da quella che si verifica nel 5% dei pazienti trattati con ACE-inibitori.
La dispnea dovuta esclusivamente a un’inadeguata gittata cardiaca non è influenzata dal decubito, ma varia con lo sforzo fisico e può essere associata ad astenia e affaticabilità. In molte cardiopatie, la dispnea dovuta all’incapacità di aumentare la gittata cardiaca con lo sforzo e la dispnea dovuta alla congestione polmonare si verificano simultaneamente (p. es., nella stenosi mitralica). La comparsa di dispnea in una malattia cardiaca indica di solito una prognosi sfavorevole. La dispnea dovuta alla coronaropatia può coesistere con quella dovuta a un’altra malattia cardiaca. L’ortopnea e la dispnea parossistica notturna sono inconsuete nelle malattie respiratorie, eccetto che in una fase molto avanzata, quando diviene evidente l’aumento dell’efficienza della respirazione in ortostatismo.
Astenia e affaticabilità
L’astenia e l’affaticabilità sono le conseguenze di una gittata cardiaca inadeguata rispetto alle richieste metaboliche dell’organismo, inizialmente durante sforzo e poi anche a riposo. Si verificano nelle patologie che riducono la gittata cardiaca e non migliorano con il riposo e il sonno. I pazienti affetti da cardiopatie congenite spesso negano astenia e affaticabilità, poiché considerano normali le loro limitazioni e riconoscono i sintomi solo retrospettivamente, dopo la correzione chirurgica del difetto cardiaco.
Palpitazioni
Le palpitazioni sono la percezione dell’attività cardiaca da parte del paziente. Un’ accurata valutazione della frequenza e del ritmo delle palpitazioni aiuta a differenziare le palpitazioni patologiche da quelle fisiologiche. Le palpitazioni dovute a un’aritmia possono essere accompagnate da astenia, dispnea o lipotimia. Le extrasistoli atriali o ventricolari sono spesso descritte come battiti mancanti, mentre la fibrillazione atriale è percepita come un’irregolarità del battito cardiaco. La tachicardia sopraventricolare o ventricolare è più spesso percepita come rapida e regolare e con un inizio e una fine improvvisi. L’insorgenza di una tachicardia atriale è spesso seguita dal bisogno di urinare a causa dell’aumentata produzione di fattore natriuretico atriale.
L’attività cardiaca è controllata dal sistema neurovegetativo ed è perciò normalmente avvertita solo dalle persone che hanno una percezione anormalmente intensa delle proprie funzioni corporee, p. es., negli stati ansiosi. Può anche essere percepita da soggetti sani durante l’esercizio fisico, quando aumentanola gittata sistolica e la frequenza cardiaca. Possono verificarsi palpitazioni in patologie come l’insufficienza aortica e la tireotossicosi: la causa più comune è un’anomalia del ritmo cardiaco. Palpitazioni associate a dolore toracico di tipo ischemico possono indicare la presenza di una coronaropatia; in questo caso, la tachicardia provoca una riduzione del flusso coronarico diastolico con conseguente ischemia.
Lipotimia, pre sincope e sincope
Cardiopatie o aritmie gravi che riducono la gittata cardiaca in maniera significativa possono causare lipotimia, presincope o sincope (improvvisa perdita di coscienza di breve durata, con perdita del tono posturale). Se associato a palpitazioni (v. sopra), ciascuno di questi sintomi indica una brusca riduzione della gittata cardiaca e suggerisce una grave aritmia o una grave cardiopatia organica di base. La sincope da sforzo si verifica nella stenosi aortica e nella cardiomiopatia ipertrofica, in quanto ambedue limitano il fisiologico aumento della gittata cardiaca che si ha durante sforzo. Questi sintomi possono essere causati da una tachicardia ventricolare o da una fibrillazione ventricolare, da gravi bradicardie o asistolia (sincope di Stokes-Adams). La comparsa di sincope implica una cattiva prognosi nei pazienti con malattia coronarica, miocardite, cardiomiopatia o aritmie ventricolari note. Tumori intracardiaci o trombi a palla possono ostruire in maniera intermittente il flusso sanguigno all’interno del cuore e provocare presincope o sincope sono l’ipotensione ortostatica e la sincope vasovagale. Le principali cause benigne di sincope. La sincope deve essere distinta da una crisi epilettica, sebbene durante un episodio sincopale si possa verificare un attacco epilettico, a causa dell’ipossia cerebrale.
Altri sintomi
Un’anamnesi positiva per infezioni (p. es., streptococciche con o senza febbre reumatica, virali, sifilitiche o protozoarie) può far sospettare una cardiopatia dovuta ad agenti infettivi attivi o pregressi. L’endocardite deve essere presa in considerazione in ogni paziente con febbre inspiegata e soffio cardiaco. In caso di embolia periferica o cerebrale e in ogni ictus va ricercata una possibile causa cardiaca: tali episodi possono essere causati da emboli dovuti a un IMA recente, a una valvulopatia (specialmente stenosi mitralica con fibrillazione atriale) o a una cardiomiopatia. Una storia di vasculopatia cerebrale o periferica aumenta la probabilità di una coronaropatia concomitante. Una cianosi centrale rende altamente probabile una cardiopatia congenita.
Fonte: http://www.msd-italia.it/ |
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