Superata quota 1000 defibrillatori nella Svizzera italiana. Proprio questo apparecchio ha salvato Carlo Ortelli, vittima di un arresto cardiaco. Oggi il noto allenatore racconta la sua nuova vita.
Si teneva tutto dentro. Non faceva mai colazione e a pranzo ingoiava di corsa un paio di panini. Per il resto, tanto, tantissimo stress. Fino a quando il suo cuore si è fermato di colpo. In una mattina di fine agosto del 2010, in Piazza Riforma, a Lugano. Carlo Ortelli, oggi 58enne, docente e allenatore molto conosciuto nel calcio ticinese, è un miracolato. Salvato dall’intervento di un amico e dal defibrillatore. Un arresto cardiaco, le cure intense, cinque giorni di coma. E una lenta riabilitazione. «Oggi sono completamente cambiato. Ho fatto piazza pulita delle cattive abitudini. Lo stress mi ha fatto rischiare la vita».
La tragedia in agguato – Oltre mille defibrillatori sparsi nella Svizzera italiana. Il superamento della storica quota è stato registrato di recente. Tra Airolo e Chiasso i defibrillatori sono esattamente 1045. Non troppi se si pensa che nello stesso fazzoletto di terra ogni anno tra le 250 e le 300 persone sono vittime di un arresto cardiaco improvviso. Anche per questo, la Federazione Cantonale Ticinese Servizi Autoambulanze, su mandato del Cantone, e grazie al sostegno della Fondazione Ticino Cuore, rilancia una serie di corsi destinati ai cittadini sulla rianimazione cardiopolmonare e sull’utilizzo del defibrillatore. Un impegno che ogni anno salva decine di vite.
Il cuore che va in tilt – E tra le vite salvate, c’è stata anche quella di Carlo Ortelli. La sua è una vicenda emblematica. E non solo perché riguarda un personaggio noto. «Quella mattina ero uscito di casa col buon umore. Ero in forma. Mi dovevo trovare con Aaron Besozzi, un amico della Scuola per sportivi d’élite, per parlare del futuro di Mattia Bottani, attuale leader del Lugano calcio. Eravamo seduti a un tavolo del ristorante Argentino. Il cameriere mi aveva appena servito il caffè. Stavo alla grande, lo ripeto. Tutt’a un tratto il buio. Mi sono accasciato su me stesso. Il mio cuore era andato in tilt a causa di un’eccessiva fibrillazione di un ventricolo».
Cinque giorni di coma – Salvato dal pronto intervento di Besozzi, che casualmente aveva proprio appena concluso una formazione su come comportarsi in casi del genere, e dal defibrillatore situato a pochi metri, Ortelli ripercorre il suo calvario. «Sono stato in coma per cinque giorni. Tutti erano preoccupati per come mi sarei risvegliato. Non sapevano per quanto tempo il mio cervello fosse rimasto senza ossigeno. Avevo solo 52 anni e fino a quel giorno non avevo mai avuto difficoltà».
Tra le nuvole – Ortelli rievoca il momento in cui riapre gli occhi. «In quegli istanti mi sentivo come se stessi camminando tra le nuvole. Percepivo delle voci, come quelle delle fatine. Accanto al letto c’era Vera, la mia compagna. Tirarono tutti un sospiro di sollievo, quando la riconobbi».
Egoismo sano – Il 58enne, già assistente di Roberto Morinini ai tempi del “grande Lugano” e per anni allenatore dell’under 21 bianconera, racconta la sua nuova vita. «Chi mi conosce dice che sono diventato più egoista. Però penso sia un egoismo sano, ho riguardo per la mia salute, cerco di farmi scivolare addosso i problemi. Prima facevo tutto per gli altri. Per la scuola (insegna alle elementari di Montagnola), per il calcio, partecipavo a centinaia di riunioni in svariati ambiti. E prendevo tanta rabbia, non riuscendo mai a buttarla fuori. Sembravo una persona tranquilla, ma dentro ero un vulcano».
Una vita sregolata – Abbozza un sorriso, Ortelli. È orgoglioso di come è cambiata in positivo la sua quotidianità. «Ho ridotto i miei impegni al minimo. Faccio il maestro di scuola elementare e il responsabile tecnico per le squadre Under 18 e Under 16 del Team Ticino. Tutto il resto l’ho eliminato. E quello che non riesco a fare oggi, lo faccio domani. Prima ero sempre di corsa. Alla mattina non facevo mai colazione, per risparmiare tempo. Divoravo biscotti e cioccolata mentre correggevo i compiti degli allievi. E alla sera, dopo l’allenamento, mi abbuffavo».
La forza dei gatti – Adesso Ortelli cura molto di più la sua alimentazione e la sua qualità di vita. «Ogni mattina mi alzo prima, per fare una bella colazione. I panini li ho aboliti. A mezzogiorno mangio verdura, bresaola, parmigiano, frutta. Cose sane. Sto anche molto più tempo con Vera, la mia compagna. Con i famigliari. E con i miei gatti, Camilla e Holly. Mi sono legato parecchio a loro, mi danno gioia, mi trasmettono belle sensazioni. Prima non facevo caso a questi dettagli».
Commozione – Anche a livello emotivo, le cose sono cambiate per il maestro di Montagnola. «Sono diventato più sensibile. Fino a qualche anno fa tutti dicevano che avevo un cuore di legno, perché non facevo trasparire i miei sentimenti, li tenevo per me. Adesso mi emoziono davanti a qualsiasi cosa. Vedo alla televisione la gente che muore e mi commuovo».
Il senso della vita – Dal drammatico agosto del 2010, Ortelli non ha più avuto ricadute. Il suo “cuore matto” ha ripreso a funzionare correttamente. «Anche se un anno e mezzo fa, mi è capitato di avere una strana aritmia. Per fortuna che il piccolo defibrillatore che mi hanno impiantato chirurgicamente è intervenuto subito, normalizzando la situazione. La vita di tutti noi è appesa a un filo. Questa vicenda mi ha aperto gli occhi, non dò più nulla per scontato».
Fonte: http://www.tio.ch/ |
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