Australia, XXI secolo, stagione invernale.
Un uomo viene rinvenuto deceduto nella propria abitazione, sprovvista di riscaldamento e la cui temperatura ambiente è di circa 15° C. Ai soccorritori si presenta una scena alquanto bizzarra: l’uomo è a terra sotto un tavolo parzialmente svestito, circondato da mobili rovesciati che fanno pensare ad un ultimo tentativo di difesa durante un’aggressione. L’uomo mostra, a rafforzo dell’impressione iniziale, ematomi al capo ed agli arti superiori ed inferiori. La Polizia riscontra però che l’abitazione era chiusa dall’interno, probabilmente dalla stessa vittima, e nessun segno di effrazione a porte e finestre è visibile.
L’autopsia, svolta nei giorni seguenti al ritrovamento, rivelerà lesioni gastriche e pancreatiche, tipiche dei decessi per ipotermia.
L’ipotermia è un evento spesso sottovalutato e altrettanto spesso i soccorritori, trovandosi a prendere in considerazione la patologia, non agiscono con tutti gli strumenti che avrebbero a disposizione.
La condizione, inoltre, miete numerose vittime, e non si parla esclusivamente delle cause più ovvie come il travolgimento da valanga, l’assideramento in zone montuose o la permanenza in acque gelide, ma di eventi urbani o rurali, dove anche la permanenza in un’abitazione non riscaldata o, nel caso di persone indigenti, il dormire sotto un ponte, può portare ad una morte per ipotermia.
Uno studio eseguito in Svezia, con dati estrapolati dal database del Consiglio Nazionale di Medicina Legale dal 1992 al 2008, ha identificato un’incidenza annuale di decessi imputabili esclusivamente all’ipotermia pari all’1,35 ogni 100.000 abitanti, anche se si suppone siano molti di più i casi non segnalati adeguatamente.
Lo Studio, inoltre, sfata una volta per tutte la convinzione che il rischio di decesso per ipotermia sia tipico esclusivamente delle regioni più fredde: il 25% dei decessi, infatti, riguardavano pazienti esposti a temperature ambientali fino a 25° C, e addirittura fino a 33° C in caso di immersione in acqua.
All’osservazione clinica del professionista sanitario, vi sono segni specifici che possono facilitare la diagnosi di ipotermia letale in un contesto ambiguo: primo tra tutti il fenomeno dello svestimento paradosso.
Lo svestimento paradosso è stato definito come un comportamento irrazionale per cui una persona esposta ad ambiente freddo, mostra, nelle fasi terminali dell’ipotermia, l’istinto di spogliarsi dei propri vestiti.
Il fenomeno è stato osservato e quindi raggruppato in 3 grandi classi: (1)pazienti privi delle scarpe, (2)degli indumenti della parte superiore del corpo e di quella (3)inferiore.
Rari sono i casi in cui lo svestimento comprende tutte e 3 le classi, ma non raro è il fenomeno; uno studio svolto in Giappone tra il 1990 ed il 1999, stima un certo grado di svestimento paradossale nel 22% dei pazienti deceduti per ipotermia esaminati; altri studi ipotizzano una prevalenza fino al 50% del fenomeno.
Le teorie sul fenomeno non sono univoche, si pensa tuttavia che nelle fasi terminali dell’ipotermia vi sia una profonda vasodilatazione data dall’esaurimento della vaso motricità fisiologica, creando cosi’ un importate reflusso sanguineo alle estremità e quindi una sensazione di calore bruciante simile ad una vampata.
Le persone decedute per ipotermia che presentano svestimento paradosso sono state per anni identificate come vittime di violenze ed abusi, in quanto si presentavano spesso in parte o completamente nudi e si osservavano lesioni quali abrasioni e ferite ad arti superiori, cranio ed arti inferiori.
Altri segni quali ferite, abrasioni, escoriazioni e sanguinamenti evidenti, appartengono alla manifestazione di un altro particolare fenomeno che si presenta nei pazienti deceduti per ipotermia, denominato “hide and die syndrome” (nascondersi e morire) o “terminal burrowing behaviour” (scavare una tana).
La sindrome è descritta nella letteratura come istinto innaturale e primitivo per cui, come ogni animale in situazioni estreme o in condizioni ambientali avverse, cerca un nascondiglio in qualsiasi anfratto buio e apparentemente sicuro. Sono state osservati ambienti in cui si trovano persone decedute per ipotermia dove addirittura si notavano buche scavate dalla persona stessa, nel tentativo di crearsi il proprio spazio.
La sindrome spiega il perché delle escoriazioni, delle ferite provocate da una sorta di trascinamento sul terreno e del ritrovamento di alcuni paziente nelle proprie abitazioni sotto tavoli, letti o protetti da sedie, nel vano tentativo del primitivo “nascondersi, rannicchiarsi e morire”.
Fonte: http://www.ipotermia.org/ – Sarah Bassanini, Soccorritrice Diplomata Professionista presso Servizio Autoambulanza Mendrisiotto |
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