Spesso ci capita di dover valutare l’ECG di pazienti portatori di Pace-Maker (PMK) e, se sospettiamo una sintomatologia riferibile a sindrome coronarica, molti di noi sono tentati dall’affermare “… ha il PMK, quindi, il tracciato non è valutabile …”.
Ce l’hanno insegnato e noi ce ne siamo convinti. Ma è proprio così?
Ovviamente no, altrimenti non staremmo qui a parlarne,. E allora, cosa dobbiamo o possiamo cercare in un tracciato di un paziente che ha impiantato un PMK?
Di tutte le domande che si possono porre di fronte ad un tracciato da PMK forse al medico d’urgenza ne interessano alla fine solo due:
– Il terribile aggeggio funziona o no?
– Il mio paziente con dolore toracico e ritmo da PMK ha un tracciato “ischemico” oppure non è valutabile?
Prima domanda: Questo Pace-Maker funziona o non funziona?
Davanti ad un ECG di un paziente portatore di PMK una delle prime cose che ci dobbiamo chiedere è se il terribile aggeggio funziona o meno. Due sono le possibilità a seconda che nel tracciato elettrocardiografico si veda o meno il PMK entrare in azione.
A)ECG senza intervento del PMK
Il primo problema è concettuale. Il Pace-Maker (ma non tutti) tendenzialmente entra in funzione solo se si accorge che ce ne è bisogno. Ha, cioè, una attività di “sensing”, ovvero “sente” se c’è il battito del paziente e si inibisce se questo è presente. Molti pazienti al momento della visita possono, quindi, avere un ritmo sinusale per cui nulla possiamo dire sul funzionamento del PMK. In questi casi, il PMK correttamente sta al posto suo senza intervenire perché il ritmo spontaneo del paziente è efficace. Potremmo però notare che il nostro paziente ha un ritmo che necessiterebbe del battito del PMK (ad esempio una bradicardia marcata o delle pause molto lunghe) e che quest’ultimo non interviene. In questo secondo caso possiamo dire che probabilmente il PMK non funziona.
B)ECG con ritmo da PMK
Se ci troviamo, invece, di fronte a un ritmo da Pace-Maker, la prima cosa da fare è identificare gli spike, le scariche elettriche che il PMK emette per depolarizzare il miocardio. Gli spike sono impulsi puntuali molto stretti che si fanno notare sull’ECG come una lineette verticali più o meno ampie (attenzione, nei nuovi PMK lo spike può essere anche molto piccolo e non identificabile in tutte le derivazioni.). Lo spike deve depolarizzare il miocardio e, dopo la depolarizzazione, deve essere presente la fase di ripolarizzazione miocardica. Alle volte, è solo la assenza della ripolarizzazione che ci permette di differenziare un ripolarizzazione che ci permette di differenziare un “QRS” pur se alterato, da una artefatto.
Alcuni PMK sono in grado di depolarizzare sia gli arti che i ventricoli, in questo caso noteremo uno spike atriale, che avvia la depolarizzazione dell’atrio (si genera l’onda P) che, a sua volta, conduce l’impulso ai ventricoli depolarizzandoli e dando il complesso QRS. Se, invece, il sistema di conduzione non è normale, dopo lo spike atriale possiamo trovarne un secondo ventricolare che si prende la briga di avviare la depolarizzazione dei ventricoli.
Una volta identificato lo spike sappiamo che il PMK emette degli impulsi ma ci interessa sapere se questi sono sufficienti ad avviare la depolarizzazione del miocardio: lo spike deve essere seguito, dopo una latenza di tempo che deve rimanere costate (lo spike precede sempre la depolarizzazione), da un complesso di depolarizzazione (QRS) con aspetto slargato (a meno che non sia stato condotto lo spike atriale) e di seguito da una fase di ripolarizzazione.
Ma vediamo qualche tracciato:
Nella figura 1 si vede un ritmo da PMK con spike atriali e conduzione per le normali vie al ventricolo
Notate come lo spike atriale determina la comparsa dell’onda P che, condotta per le normali vie, da origine a un QRS stretto.
Ora passiamo ad un altro tracciato (Figura 2) dove il PMK dà uno spike ventricolare.
In questo caso lo spike riesce a depolarizzare i ventricoli ed è seguito perciò dalla depolarizzazione (QRS), cui fa seguito la ripolarizzazione. In questo caso l’impulso elettroindotto non segue la normale via di conduzione e il QRS è slargato.
Il terzo caso è quello di un PMK bicamerale, con spike atriale e ventricolare (Figura 3). I due impulsi elettroindotti sono seguiti dalle depolarizzazioni (rispettivamente, onda P e QRS) e, quindi, dalla ripolarizzazione. Notate come gli spike, pur essendo entrambe sempre presenti,siano visibili chiaramente “in coppia” solo nella II derivazione, in aVR e in aVF. In V1si nota solo lo spike atriale e in V 5 solo quello ventricolare.
Ecco un altro esempio (Figura 4)
Dato che il complesso di depolarizzazione ventricolare (QRS) indotto dal PMK è un complesso slargato, questo può risultare mal riconoscibile (specialmente in un tracciato ECG eseguito in urgenza in un PS). Due trucchi, però, ci aiutano a differenziarlo da un artefatto: 1) la forma si ripete uguale dopo ogni spike e 2) è sempre seguito da una fase di ripolarizzazione che manca negli artefatti.
Nella figura 5 notiamo un PMK che produce impulsi ma che non riesce a depolarizzare il miocardio: lo spike non è seguito da un QRS. Questo testimonia che il PMK ha un difetto di captazione (ovvero non è in grado di far partire la depolarizzazione) che può essere episodico o, come si vede in questa figura, continuo.
Notate come il secondo spike (indicato dalla freccia nera) sicuramente non capta. Ne siamo certi per due motivi: 1) perché è seguito da una deflessione dell’onda che però non somiglia agli altri QRS; 2) perchè manca la ripolarizzazione.
Dopo la mancata captazione troviamo un battito sinusale (indicato dalla freccia rossa). Anche se si può rimanere ingannati, notate bene che la latenza fra gli spike e i QRS varia in continuazione, e come il QRS del battito sinusale è uguale a tutti gli altri. In questo tracciato, cioè, il PMK va per conto suo, non capta, ed il ritmo del paziente (sinusale) compare tra uno spike e l’altro.
Nel tracciato della Figura 6 notiamo un difetto di captazione che avviene solo saltuariamente (frecce blu).
mentre in quello della Figura 7 il difetto di captazione è atriale e compare solo alcune volte (quando capta si vede la P, quando non capta manca la depolarizzazione atriale).
Nella figura 8 vediamo un difetto di captazione e di sensing
Dopo il primo spike e relativo complesso vediamo una pausa troppo lunga (2.1 secondi) in cui compare un ritmo di scappamento del paziente (freccia nera). Il battito successivo (freccia rossa) è indotto dal PMK che mostra un difetto di sensing (il PMK avrebbe dovuto sentire il QRS nativo del paziente avvenuto poco prima e ritardare lo spike successivo). Gli ultimi due spike, infine, hanno un intervallo di 1 secondo e ci indicano quello che verosimilmente dovrebbe essere il normale funzionamento di un PMK: programmato a 60 battute per minuto.
Nella figura 9 vediamo un PMK che batte a 90 bpm, con delle interruzioni (si ferma) legate ad un sensing efficace. In questo caso, il PMK si è accorto della presenza di un battito spontaneo del paziente (freccie rosse) e per questo è rimasto al posto suo ed ha ritardato l’impulso successivo.
Un ultima annotazione: è sempre utile, quando si può, identificare il battito del paziente tra gli spike del PMK. Questo per capire se di base è presente una fibrillazione atriale per la quale è consigliabile avviare una anticoagulazione cronica (le indicazioni alla terapia anticoagulante nei portatori di PMK con fibrillazione sono le stesse che nel paziente che non ha impiantato il temibile aggeggio).
Seconda domanda: Questo paziente con Pace-Maker è ischemico o non è ischemico?
A tutti noi è capitato in PS di visitare pazienti con dolore toracico e poi avere un iniziale moto di fastidio quando ci è stato mostrato il relativo tracciato del paziente con ben evidente lo spike del PMK. Il motivo è evidente. A tutti è noto che:
A) I CRITERI DI SGARBOSSA per il PMK
I pazienti portatori di PMK (ventricolare destro) normalmente mostrano all’ECG un QRS prevalentemente negativo, con un ST tendenzialmente elevato e T positive. Mimano, cioè, un BBSx.
Eccone un esempio:
Nel tracciato normale di questi pazienti, la deviazione dell’ST se è presente ha sempre polarità opposta rispetto al QRS. L’ST, quindi, è sopraslivellato dove il QRS è negativo (frecce rosse) e sottoslivellato nelle derivazioni dove il QRS ha polarità positiva (frecce verdi).
In un tracciato che già presenta di base deviazioni dell’ST come identifichiamo una possibile ischemia miocardica acuta?
Secondo Sgarbossa tre criteri ci aiutano a scovare il danno miocardico in questa circostanza. In tutti i criteri è molto importante il senso della deviazione dell’ST, ma non in termini del sopra- o sotto-slivellamento quanto, piuttosto, della concordanza o meno con la polarità prevalente del QRS.
In linea generale, le deviazioni dell’ST sono molto indicative di danno miocardico quando omopolari (concordanti) con l’asse maggiore del QRS, mentre necessitano di deviazioni più consistenti (> 5mm) quando sono discordanti con la polarità del QRS.
Ecco i criteri
- Un qualsiasi sopraslivellamento dell’ST, anche minimo (> 1 mm), purchè concorde, o omo-polare, con il QRS (quindi nelle derivazioni con un QRS prevalentemente positivo – odds ratio 25.2)
- Un sopraslivellamento ampio (di almeno 5 mm) in una delle derivazioni con QRS negativo (quindi una ampia deviazione dell’ST opposito-polare al QRS – odds ratio 4.3)
- Un sottoslivellamento anche minimo (> 1 mm), anche in una unica derivazione, che sia della stessa polarità del QRS nelle derivazioni anteriori V1, V2 , V3 (quindi una minima deviazione dell’ST omopolare con il QRS – odds ratio 6.0).
La tabella seguente riporta graficamente quanto detto dei criteri di Sgarbossa
Ma vediamo alcuni tracciati per chiarirci meglio le idee
Nel seguente tracciato vediamo soddisfatti i criteri di Sgarbossa nelle precordiali anteriori, dove si nota un sottoslivellamento dell’ST omopolare con il QRS che in V1-V3 è negativo
Il prossimo ECG, invece, mostra un sopraslivellamento dell’ST omopolare con il QRS in I ed aVL nonché un sopraslivellamento > a 5 mm oppositopolare con il QRS in V2
Nel terzo tracciato si vedono un sottoslivellamento ST concorde con il QRS in V2 (freccia rossa) ed un sopraslivellamento dell’ST in II, III ed aVF (frecce nere)
Va comunque ricordato che i criteri di Sgarbossa pur non essendo molto sensibili (quindi se non ci sono non escludono il danno miocardico) hanno una elevata specificità (quindi se presenti sono fortemente indicativi di danno ischemico).
B) LA MEMORIA CARDIACA
Con memoria cardiaca si intendono delle alterazioni dell’onda T che compaiono in un tracciato in ritmo sinusale dopo un periodo di abnorme depolarizzazione ventricolare (come quella che avviene dopo un periodo di attivazione del PMK, una aritmia ventricolare , un BBDx temporaneo o una WPW).
Nel nostro caso ciò significa che un paziente portatore di PMK, che al momento della valutazione ha un tracciato non PMK-indotto, può mostrare delle T negative che non hanno significato ischemico. Tale alterazione può comparire dopo anche solo 20 minuti di attivazione del PMK e in genere regredisce spontaneamente ma dopo un tempo che può arrivare anche a un mese.
Ci sono dei criteri per differenziare le T invertite ischemiche da una memoria cardiaca?
In uno studio recente Shvilkin ha mostrato che la direzione ed ampiezza del vettore dell’onda T può differenziare la memoria cardiaca dall’ischemia …
In questo studio la combinazione di questi 3 criteri (1-un’onda T positiva in aVL; 2– un’onda T positiva o isoelettrica in I derivazione, 3– la maggiore T negativa nelle precordiali più profonda della T negativa in III derivazione) identificava la memoria cardiaca e la differenziava da un’ischemia miocardica con una sensibilità del 92% ed una specificità del 100%.
Gli autori consigliavano comunque prudenza ad applicare questi criteri a pazienti con una sintomatologia ischemica tipica, considerando la possibilità che la memoria cardiaca possa coesistere con un’ischemia in corso.
Vediamo alcuni tracciati:
Questo è un esempio di T negativa da memoria cardiaca. Si noti la positività della T in I derivazione ed aVL, e la maggiore T negativa
Il tracciato A è di una donna di 68 anni con dolori toracici recidivanti nell’ultima settimana, un ECG precedente normale, alla valutazione presentava un aumento della troponina ed una coronarografia aveva poi mostrato una stenosi del 90% della discendente anteriore. Si noti che il tracciato non soddisfa i criteri per la memoria cardiaca in quanto presenta delle T negative in I ed aVL.
Il tracciato B è di un 68enne con sleep apnea ed un blocco AV di II grado con pause > a 4 sec che aveva messo un PMK la settimana prima, non aveva una storia di coronaropatia, una settimana prima aveva anche fatto un test da sforzo negativo ed un ECG in visione risultava nella norma. Si noti che le T sono positive in I ed aVL e che la profondità della T in V3 e V4 è maggiore a quella presente in III… questo tracciato, registrato in un momento in cui il PMK non era attivo, è espressione di una memoria cardiaca.
Fonte: http://www.medicinadurgenza.org – Dr. Carlo Ancona |
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