Peer Support – Gli enti di primo intervento attuano un sostegno fra colleghi in caso di situazioni critiche
Polizia, personale sanitario dei servizi di autoambulanza, pompieri: sono esempi di primo intervento i cui dipendenti, nell’adempimento della loro professione, si trovano spesso a gestire situazioni critiche. «Vivere situazioni non consuete nel quotidiano modifica la percezione che noi possiamo avere verso un determinato evento o alla definizione dello stesso rispetto a un qualunque cittadino», la psicoterapeuta e psicologa d’urgenza Nadine Maetzler introduce così il tema del supporto tra pari.
Desideriamo approfondirlo con lei e con il soccorritore dipl. infermiere, coordinatore del Gruppo Peer Support (supporto fra pari) Alan Zuccolo del Servizio Autoambulanza del Mendrisiotto (SAM). «Per peer intendiamo un collega formato in ambito della psicologia d’urgenza, che può sostenere colleghi di uno stesso ente che hanno vissuto un evento fuori dalla norma, aiutandolo a ridurre il carico emotivo dello stesso», riassume Nadine mentre ci troviamo attorno a un tavolo in una sala del SAM e le chiamate in codice arancione si susseguono in breve tempo. Immediatamente i soccorritori si organizzano e partono. Questo ci permette di comprendere un po’ cosa significhi essere «in prima linea». Alan Zuccolo lo spiega concretamente: «È ovvio che in termini di primo intervento siamo considerati una categoria a rischio proprio perché, lavorando, viviamo una nostra quotidianità differente da quella della popolazione». Un comune cittadino non ha grandi probabilità di trovarsi a gestire con una certa frequenza situazioni critiche come un incidente grave, un fatto di sangue, incidenti che vedono bambini come protagonisti e quant’altro. Tutti casi inconsueti ed emotivamente forti cui le persone che lavorano in questi campi devono far fronte sovente. «Per questo – continua Zuccolo – le persone tendono a considerarci più forti, meno sensibili ed emotivamente abituati ad affrontare eventi e circostanze in cui siamo chiamati ad intervenire».
Innegabile è l’eccezionalità della comune percezione di queste situazioni emotivamente toccanti, come certa è la frequenza con cui questi professionisti devono farvi fronte. «Una quotidianità che non ci rende insensibili e dalla quale non possiamo nemmeno uscirne cinici o indifferenti: anche noi siamo esseri umani, con la nostra vita, le nostre sensibilità personali come tutti gli altri. Non è sempre scontato riuscire a definire, in certi momenti, ciò che è una situazione effettivamente critica per un soccorritore, per un pompiere o un poliziotto», spiega Zuccolo illustrando quanto sia mobile l’ago della bilancia della percezione di fatti che toccano e segnano la sensibilità di chi lavora in prima linea. Sensibilità che può essere più o meno aumentata anche secondo il proprio momento di vita personale: «Se sono appena diventato papà, ad esempio, potrei essere particolarmente sensibile a interventi gravi nei quali mi trovo ad occuparmi di bambini». Anche i professionisti «in prima linea», dunque, possono trovarsi in un momento di difficoltà emotiva dopo un intervento.
«Difficoltà che si possono manifestare attraverso classici sintomi come i disturbi del sonno, ipofagia o iperfagia (ndr: mancanza di appetito o abbuffate), aumento dei comportamenti a rischio come fumo e alcol», spiega la psicologa che riporta al concetto delle reazioni su quattro pilastri: «Ognuno manifesta reazioni di tipo cognitivo, emozionale, comportamentale e fisiologico. Muovendomi in questi quattro pilastri posso avere reazioni specifiche che testimoniano uno stress acuto». Nadine Maetzler parla ad esempio di «flash back» (ricordi intrusivi) di uno stato d’allerta che può sfociare in aggressività, agitazione o difficoltà di concentrazione, e di un comportamento evitante: ad esempio, si evita di ritornare sul luogo in cui si è effettuato un intervento che ci ha particolarmente segnato; se sono turbato dall’aver soccorso un bimbo di tre anni farò fatica a occuparmi efficacemente e normalmente di questa categoria e via dicendo». A questo punto posso richiedere il supporto tra pari: «Un intervento richiesto, proposto e mai imposto», puntualizza la psicologa, mentre Zuccolo illustra esattamente come si svolge: «Con l’intento di essere un’antenna, qui alla SAM siamo 9 professionisti formati peer su una trentina di colleghi. Al lavoro c’è quasi sempre presente qualcuno di noi che ha la possibilità di notare situazioni di stress di qualche collega anche se, in genere, sarà egli stesso a richiedere il supporto a un peer».
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Come un po’ dovunque in queste professioni, è relativamente da poco che il soccorritore di ambulanza ha la possibilità di richiedere un aiuto per se stesso: «Questo supporto viene offerto o può essere richiesto direttamente dall’interessato: importante è che sia chiara l’esplicitazione della disponibilità al supporto fra pari, porta d’entrata a un sostegno psicologico o psicosociale, se ritenuto necessario in seguito e nel tempo». È un immediato sostegno del collega in difficoltà, richiesto o proposto: «È un approccio minimalista con cui iniziamo subito un sostegno indispensabile, proprio perché non dobbiamo dimenticare che il peer è a sua volta una persona a rischio e non deve infilarsi in un sostegno sovradimensionato alle sue possibilità». Nadine Maetzler, formatrice di peer, indica il percorso che porta a questa figura: «Secondo gli standard di istruzione della Rete nazionale d’aiuto psicologico d’urgenza Rnapu (www.rnapu.ch), i pilastri su cui poggia il sostegno fra pari sono rapidità, prossimità e semplicità. I peer seguono una formazione di sei giorni (secondo gli standard Rnapu) durante i quali vengono insegnate le tecniche di comunicazione, sono impartite nozioni di psico-traumatologia e vengono affrontati temi specifici».
La psicologa parla di un sostegno che, proprio perché fra pari, assume un’importante valenza: «Tutto sommato, tendiamo ad accettare il supporto di un collega perché gli riconosciamo il fatto che egli, vivendo le stesse circostanze, può comprenderci meglio di altri. E qui sta la ragione della creazione dei gruppi di sostengo fra pari». Attivo dal 2013, il sostegno fra pari alla SAM ha raggiunto gli obiettivi prefissati. «È stato riconosciuto il rischio a cui siamo esposti e il beneficio è indiscutibile: siamo riusciti ad aumentare il grado di sensibilità interno all’Ente su queste problematiche», conclude il coordinatore peer Alan Zuccolo.
Fonte: www.azione.ch |
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