Ho iniziato a lavorare in un reparto di rianimazione all’epoca dei defibrillatori grandi quanto uno scatole di banane Chiquita, pesanti una enormità. Le due placche erano dei cosi strani, una con un bottoncino nero, che premevi per defibrillare.
È qui che ho conosciuto la dopamina.
Ricordo che si metteva in infusione per curare gli stati di shock, in una mistica alchimia tra ipotensione e sopravvivenza del paziente (scusate ma son passati oltre 35 anni da quei giorni).
Ho sempre pensato che, per chi ama l’urgenza, fosse l’adrenalina che crea uno stato di dipendenza… ma probabilmente le cose non stanno così.
E questo dopo aver scoperto il magico mondo del circuito del Reward.
Semplificando e con licenza poetica, l’evoluzione della nostra specie ha dedicato una parte del nostro cervello alla gestione della ricompensa. Se siamo arrivati sin qui (e consiglio vivamente di leggere i libri di Yuval Noah Harari), è grazie alla piacere che proviamo nel nutrirci, accoppiarci e nel socializzare.
Il sistema che regola tutto ciò è quello dopaminergico. Alcuni neuroni produttori del neurotrasmettitore dopamina, situati nell’area ventrale tegmentale (VTA), si attivano innescando, a cascata, la risposta del nucleo accumbens (NACC) e successivamente della corteccia prefrontale (PFC).
Da qui nasce quella meravigliosa sensazione che proviamo quando abbiamo fatto un gran bel porco lavoro.
E di occasioni per fare un gran bel lavoro, per chi opera nell’urgenza sono innumerevoli. E malgrado gli anni, le rughe, i capelli che oramai sono un ricordo lontano, il piacere che continui a provare dopo un intervento è il prodotto di quella spremitura dopaminergica.
Quindi, ragazze e ragazzi che lavorate sui mezzi di soccorso, siate reverenti verso questo circuito che la natura ci ha dotato. Avere un cervello felice è crescita, impegno e fatica. Ma sicuramente ne vale la pena.
Articolo redatto da Gian Luca Marinello |
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