Toccare il paziente durante la scarica del Dae è davvero pericoloso? I risultati della ricerca
La ricerca ha dimostrato che proseguire il massaggio cardiaco durante la fase di shock migliora sensibilmente la sopravvivenza dall’arresto cardiaco. Ma ci sono conseguenze per il soccorritore?
“Via io, via voi, via tutti”. Questo è il ritornello insegnato durante tutti i corsi di BLSD, da utilizzare prima di erogare la scarica di un defibrillatore.
Dopo decenni di ricerca, l’efficacia delle compressioni toraciche è risultata essere una componente fondamentale per garantire uno standard qualitativo elevato nella rianimazione cardiopolmonare. Ridurre al minimo le interruzioni nel ciclo di compressioni toraciche sta progressivamente guadagnando maggiore interesse come metodo per migliorare la qualità della manovra di rianimazione cardiopolmonare e garantire un outcome migliore.
La tecnica “Hands-on Defibrillaton”, che consiste nella prosecuzione delle compressioni toraciche da parte di un operatore anche durante la fase di shock erogato attraverso il defibrillatore, è stata da molti attentamente analizzata.
Ma qui vogliamo parlare della sicurezza per l’operatore e dell’efficacia di questo innovativo e controverso metodo per ridurre le interruzioni durante il massaggio cardiaco. Migliaia di pazienti sono trattati ogni anno utilizzando scariche ad alto voltaggio. Ciononostante, raramente sono stati riportati casi di infortuni riguardanti i soccorritori. Sebbene il numero degli eventi negativi non sia pari a zero, i dati di sicurezza riguardanti tali dispositivi sono considerati ampiamente accettabili.
Secondo le evidenze scientifiche, l’outcome risulterebbe significativamente migliorato in seguito alle compressioni toraciche continuative, ma le scariche del defibrillatore rappresentano una causa comune di interruzione. Anche le pause brevi, come quelle associate alla defibrillazione, possono condizionare in maniera molto negativa il risultato della manovra rianimatoria.
Questi dati hanno condotto a numerose discussioni riguardanti la possibilità di continuare le compressioni toraciche durante la scarica elettrica erogata dal defibrillatore. Secondo precedenti studi, non solo i voltaggi elevati avrebbero implicazioni importanti per la salute dei soccorritori, ma sarebbero in pericolo anche le persone presenti in prossimità del paziente da defibrillare. Occorre specificare come le linee guida internazionali raccomandino di non toccare il paziente in alcun modo.
Metodologia di Ricerca
Una ricerca pubblicata su Resuscitation, la rivista ufficiale dell’European Resuscitation Council, ha analizzato la percezione della scarica sul soccorritore, valutando le diverse barriere a disposizione.
Si tratta di uno trial controllato randomizzato cieco che ha valutato la percezione nell’operatore della scarica elettrica durante le compressioni toraciche manuali. Un defibrillatore attivo è stato collegato al cadavere in configurazione sternoapicale.
Il defibrillatore-simulatore non è stato invece connesso al cadavere. I soggetti hanno praticato le compressioni toraciche utilizzando sei diversi dispositivi di barriera:
- Nessun dispositivo (mani nude)
- Guanti monouso in nitrile singoli e doppi
- Guanti ignifughi (in dotazione ai vigili del fuoco)
- Pannello in neoprene
- Dispositivo meccanico per compressioni toraciche
Una serie di scariche randomizzate (10 per ogni dispositivo di barriera) sono state erogate a un’intensità di 30 joules sugli operatori a mani nude e a 360 joules per tutti gli altri dispositivi di barriera. Dopo ogni scarica, il soggetto ha classificato l’intensità delle sensazione provate utilizzando la scala VAS.
Risultati
Dieci soggetti hanno partecipato. Tutti i soggetti hanno percepito la scarica a 30 joules durante le compressioni a mani nude. Solo in un caso una scossa reale non è stata percepita. Tutti i dispositivi di barriera hanno ricevuto un totale di 500 scariche.
Cinque (1%) scariche reali sono state percepite:
- Una (0,2%) scarica attiva percepita dall’operatore che indossava un paio singolo di guanti monouso in nitrile.
- Tre (0,6%) scariche attive percepite dall’oepratore che indossava un doppio paio di guanti monouso in nitrile.
- Una (0,2%) scarica attiva percepita dall’operatore che ha utilizzato il pannello in neoprene.
Una finta scarica è stata riportata come percepita dall’operatore che indossava un singolo paio di guanti monouso in nitrile. Nessuna scarica è stata riportata dai volontari che indossavano guanti ignifughi o che utilizzavano il dispositivo meccanico per compressioni toraciche. Tutte le scariche riferite erano appena percepibili (0.25, ossia ±0.05 cm, su scala VAS 10 cm).
Conclusioni
I guanti in nitrile e il pannello in neoprene prevengono (99%) la percezione nel soccorritore della defibrillazione su cadavere. I guanti ignifughi e i dispositivi meccanici per compressioni toraciche prevengono qualsiasi percezione. Prima di considerare accettabile una deviazione dalle indicazioni ““evidence based””, occorre considerare attentamente quali siano rischi e benefici per il paziente, per gli operatori e per le altre persone presenti. È necessario studiare ulteriormente quali siano i rischi elettrici e identificare le modalità più idonee per gestirli al fine di ridurre i rischi per gli operatori e garantire una shock adeguato per il paziente. La speranza è quella di assicurare compressioni toraciche continue, anche durante la fase di shock del defibrillatore, per incrementare l’outcome del paziente durante la rianimazione cardiopolmomare.
Fonte: https://noisoccorritoriitaliani.altervista.org |
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